di Marcello Buttazzo

Sulle grandi questioni della vita e della morte, in un’ottica di etica pubblica, è necessario legiferare fuori da ogni condizionamento ideologico e confessionale. Da tempo, in Italia, sulle grammatiche del vivente è caduto un pesante velo d’oblio. Monti, Letta, Renzi, rivoluzionario all’incontrario in camicia bianca, hanno congelato ogni questione eticamente sensibile. Solo Berlusconi, coadiuvato dalla furia clericale delle Rocccella, dei Sacconi, dei Gasparri, dei Quagliariello, e dell’inossidabile e trasversale “partito della vita”, s’era pronunciato in modo restrittivo e impraticabile. Nell’ex Popolo delle libertà, uno dei pochi che interpretava l’etica della vita in modo laico era il presidente Fini, che, inascoltato, sosteneva: “Cerchiamo di legiferare rispettando la religione, ma senza aver timore della scienza, del progresso e soprattutto della libertà di ricerca scientifica”. Purtroppo, il Parlamento, negli ultimi dieci anni, si è mosso in modo artefatto, succube ai dettami delle alte gerarchie ecclesiastiche. Già l’infausta e illiberale Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, antiscientifica, infieriva un duro colpo alle legittime aspettative dello Stato laico e liberale. Una normativa piena di inverecondi divieti, che negli ultimi anni è stata smontata pezzo per pezzo dalla Consulta, che ha trovato vari gradi di incostituzionalità. Grazie anche all’azione pragmatica dell’Associazione radicale Luca Coscioni, che si batte meritoriamente per la libertà di ricerca scientifica. Purtuttavia, persistono ancora zone d’ombra vistose su una legge, che faceva acqua da tutte le parti. Le coppie single e gay non possono avere accesso alle tecniche di fecondazione assistita. La ricerca sugli embrioni, fossero anche quelli sovrannumerari congelati orfani ( destinati ad un sicuro spegnimento e morte in azoto liquido), viene ancora rigorosamente bandita. Dal 2004 e dal successivo incredibile referendum del 2005, pilotato da monsignor. Ruini e dai vescovi, avremmo sperato che il Parlamento potesse trovare la forza e il coraggio per intervenire. Invece, sono state la Corte Costituzionale e i tribunali civili a dover prendere posizione. L’ex Cavaliere Silvio Berlusconi e la sua indomita squadra di esperti avevano cercato di fare danni anche sul “fine vita”. Formularono un ddl. Calabrò palesemente illiberale, anticostituzionale, perché si proponeva di prendere in ostaggio il corpo dei cittadini. Quando la morale confessionale sostanzia in modo determinante le maglie dell’etica pubblica, c’è la certezza pressoché matematica di sconfinare pericolosamente sui terreni minati e melmosi dello Stato etico e paternalistico. I “devoti” parlamentari berlusconiani e i paladini integerrimi del “partito della vita”, nel primo articolo della proposta di legge sul fine vita, sancirono la fondatezza incontrovertibile che la vita umana fosse sempre un diritto inviolabile e indisponibile. Si seguiva un registro chiaramente fallace. La disponibilità e la sacralità della vita umana sono due variabili esistenziali, che in uno Stato laico devono avere entrambe pari dignità. Lo Stato non può essere intrusivo, ossessivo, non può parlare a nome di tutti, non può decidere per tutti. Ognuno di noi dovrebbe poter avere la possibilità di poter accettare o rifiutare, in qualsiasi circostanza, sottoscrivendo un semplicissimo documento, qualsivoglia trattamento sanitario. E l’alimentazione forzata, come certificano le Società scientifiche nazionali e internazionali di Nutrizione artificiale, è terapia medica a tutti gli effetti, suscettibile all’occorrenza di essere interrotta. L’attuale governo dell’ex “ rottamatore” Renzi, che al suo interno si avvale tra l’altro dell’appoggio “eticamente sensibile” degli esponenti del Ncd e dell’Udc, non sa prendere alcuna posizione sull’agenda bioetica da seguire. Sempre Fini, anni fa, che di politica s’intendeva e s’intende senz’altro più del rampante premier fiorentino, propugnava la necessità d’un “disarmo ideologico con leggi in cui tutti si possano riconoscere”. Difatti, il legislatore su tutte le grammatiche del vivente con il suo operato non dovrebbe mai mortificare alcun cittadino. Lo Stato deve saper fare il pieno di mortali, deve adempiere ad un pluralismo etico, che è sempre mansione di libertà. Di certo, allorquando vengono violate le libertà di scelta dell’individuo e il diritto alla salute, si può accettare l’intervento straordinario di regolamentazione dei giudici. Ma, preminentemente, con dispendio di energie si deve trovare in Parlamento la sintesi migliore, legiferando a favore di tutti in modo morbido, flessibile.

                   Marcello Buttazzo