Alessandra Capone* –

Ogni storia, si sa, può essere oggetto di varie interpretazioni che, nel corso del tempo, la trasformano, modificano, la intrecciano con falsi miti, fino ad offuscare l’essenza di ciò che fu.
Questo purtroppo è accaduto anche alla Giornata Internazionale della donna, oggi celebrata, attorno a cui ruotano una serie di falsi storici, di univoche chiavi di lettura, un business economico che ne hanno adombrato, o forse, si potrebbe tranquillamente dire, cancellato la memoria.
La Giornata internazionale della donna non fu sempre festeggiata l’8 marzo, come accade adesso ogni anno, ma il 28 febbraio. Era il 1909 quando il Partito Socialista americano organizzò una manifestazione in favore del diritto di voto delle donne, (poi introdotto a livello nazionale negli Stati Uniti nel 1920). Dopo questo evento, alla Seconda Conferenza internazionale delle donne, organizzata nel 1910 a Copenhagen, si discusse di istituire una festa ufficiale, senza però stabilire una data precisa. L’anno successivo, il 19 marzo, venne celebrata da oltre un milione di donne in Svizzera, in Danimarca, nell’Impero austroungarico e in quello tedesco.
La prima Festa della donna datata 8 marzo fu quella del 1914, forse perché quell’anno era una domenica. Tre anni dopo ci fu un’altra manifestazione, sempre avvenuta l’8 marzo, nella quale le donne della capitale dell’impero zarista russo, San Pietroburgo, protestarono per chiedere la fine della guerra. Quattro giorni dopo lo zar abdicò – l’Impero attraversava da tempo una profondissima crisi – e il governo provvisorio concesse alle donne il diritto di voto: quella delle donne di San Pietroburgo fu una delle prime e più importanti manifestazioni di quella che oggi viene chiamata Rivoluzione di febbraio (perché, per il calendario giuliano all’epoca in vigore in Russia, avvenne il 23 febbraio). Dopo la rivoluzione bolscevica, nel 1922 Vladimir Lenin istituì l’8 marzo come festività ufficiale.

Fino agli anni Settanta la Festa della donna, quindi, si festeggiò quasi esclusivamente nei paesi dell’Unione Sovietica e in Cina. Il 1975 fu dichiarato “Anno internazionale delle donne”, e le Nazioni Unite invitarono tutti i paesi membri a celebrare la ricorrenza dell’8 marzo. Due anni dopo, con una risoluzione ufficiale, l’ONU istituzionalizzò la festività. Il 16 dicembre 1977, con la risoluzione 32/142 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose ad ogni paese, nel rispetto delle tradizioni storiche e dei costumi locali, di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale” (“United Nations Day for Women’s Rights and International Peace”)
Negli anni si sono diffuse leggende e storie infondate sulla nascita della Festa della donna. Una delle più comuni sostiene che venne istituita per ricordare un incendio che uccise centinaia di operaie di una fabbrica di camicie a New York l’8 marzo 1908. Quest’incendio non avvenne mai, in realtà: ce ne fu uno il 25 marzo del 1911 nel quale morirono 140 persone, soprattutto donne immigrate italiane e dell’Europa dell’Est, ma non fu davvero all’origine della festività, anche se l’episodio divenne uno dei simboli della campagna in favore dei diritti delle operaie. Allo stesso modo, non è vero – come sostiene un’altra versione – che la Giornata internazionale della donna viene celebrata per ricordare la dura repressione di una manifestazione sindacale di operaie tessili organizzata sempre a New York nel 1857.

Quale è la ragione di tali miti? Secondo alcuni storici alla base ci sarebbe la volontà di dare alla ricorrenza una connotazione dal maggior impatto emotivo. E soprattutto, perché in Italia?

Nel settembre del 1944, si creò a Roma l’UDI, Unione Donne in Italia e furono loro a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che oggi compie i suoi 70 anni. La scelta non fu casuale: nel primo voto rosa, che avvenne il 10 marzo 1946, l’UDI voleva regalare insieme ai volantini acnhe un fiore, così come avveniva in Francia con le violette. Ma soldi non ce n’erano e poi Roma, in quegli anni nei primi giorni di marzo, era tappezzata di fiori spontanei, si optò per quel fiore.

Pertanto, a me piace pensare alla Festa delle donne come un giorno teso a celebrare la forza d’animo delle stesse, la loro capacità di unirsi per rivendicare i loro diritti, per dar spazio alla loro creatività e spontaneità più che a una commemorazione o riflessione sulla violenza contro le donne, che va sempre rispettata, ma che rischia di soverchiare una visione positiva e ottimista di ciò che è realmente stato.

Alessandra Capone
*Presidente dell’Associazione culturale e di formazione CONSORTIUM IURIS