Racconto di un’inedita piccola vacanza
di Rocco Boccadamo – Va oramai volgendo al compimento il mio breve soggiorno vacanza sulla costa del Cilento, all’incirca al confine fra Campania e Basilicata, lungo un tratto di mare, invero assai bello sia a vedersi che a godersi, delimitato da due punti cospicui di riferimento entrambi carichi di storia.
A nord, il capo Palinuro, con a ridosso, ora, la località omonima, così appellato non a caso, giacché la leggenda vuole che sia il sito dove miseramente perì il nocchiero e fedelissimo amico dell’eroe troiano Enea, durante il suo travagliato navigare verso l‘Italia.
Lo stesso nobile personaggio, cui, mito a parte, la verosimiglianza, quasi a livello d’attendibilità, di alcuni versi del poema virgiliano “Eneide”, sembra voler attribuire, avanti che egli arrivasse a solcare la distesa del Mar Tirreno, anche un approdo sul litorale salentino, precisamente intorno al punto dell’ideale connubio fra l’Adriatico e lo Ionio e, con ancor maggiore esattezza, a Castro (LE).
A sud, Sapri, luogo simbolo del nostro Risorgimento, segnato dal sacrificio di una nutrita schiera di patrioti, evento anche questo riflesso, e la concomitanza coesiste pur con un divario temporale di secoli e millenni, nei versi di una composizione letteraria “La spigolatrice di Sapri”, di Luigi Mercantini.
Non solo riposo e soggiorno gradevole nel villaggio T.C.I. scelto per la consueta evasione d’inizio estate dal mio amato mare di Marittima e Castro, bensì anche una serie di quotidiane uscite in barca a vela, da componente di un piccolo equipaggio al seguito di un bravo istruttore, e, in tal modo, mi sono sentito vicino al mio battello (modello cruiser long boat), dal nome di battesimo “My three cats”, che, al rientro nel Salento, porterò senza indugio al varo.
E, ancora, un paio di interessanti escursioni a piedi per sentieri e fra pinete e minuscoli boschi paralleli al litorale e toccanti amene cale, piccole punte e torri costiere.
In dette ultime attività, con l’accompagnamento e le preziose informazioni di un giovane e competente biologo, il quale ha alternato un vasto novero di nozioni di carattere scientifico, biologico e marino, a molteplici curiosità, sempre d’impronta naturalistica, ma in pari tempo intrise di usanze, vicende e aneddoti, riconducibili più espressamente all’ambiente locale e a vicende storiche del Cilento in genere.
Nel corso dei giri in questione, almeno per il mio sentire, si sono materializzati colpi d’occhio di una bellezza tanto semplice quanto struggente, specialmente a livello di vegetazione, sia piante che fiori.
Al riguardo, mi vien da dire che la natura si è per l’ennesima volta rivelata, in sé e per sé, senza tavolozze né cornici, miniera e maestra d’artistiche meraviglie assolutamente ineguagliabili, anche a livello di confronto con pur prestigiose mani e menti di umani geni.
A titolo personale, sono rimasto colpito, ad esempio, da un umile e comune esemplare di carota selvatica svettante in seno al sottobosco attraversato, un semplice cerchio biancheggiante e nulla più, infiorescenza priva di odore e/o profumo e, tuttavia, trasudante fascino nella sua genuina conformazione.
Un simpatico corredo naturale che integra e impreziosisce questo ambiente è rappresentato non dai piccioni o tortore, volatili, com’è noto, caratteristici e dominatori del Sud (ho scorto esclusivamente una coppia di esemplari del secondo genere, appollaiati, quasi abbracciati l’un l’altro su un alberello), ma da merli, con il loro caratteristico e, al mio sguardo, anche espressivo, beccuccio giallo.
Rispetto ai volatili citati prima, è più sommesso il loro cinguettio, a tratti sincopato e brevissimo, come a voler assecondare il relax e il riposo degli ospiti umani.
Domani, mi congederò da questo posto con un sorriso di buon ricordo; inoltre, per deformazione d’origine, porterò con me, serbandolo dentro, un ideale flutto del mare cristallino, gradevole ai fini dell’immersione, poiché, a metà giugno, è pervenuto a una temperatura di qualche grado più alta rispetto alla distesa del mio Basso Salento.
Sono, nel complesso, grato al nuovo habitat individuato e raggiunto quest’anno per via della positiva esperienza che mi ha addotto.
Ciò, mentre mi accingo a riabbracciare le mie origini e a spartire con l’eletta terra natia la lunga sequenza di giorni e notti, che auspico sereni, della stagione calda e bella 2017.
Rocco Boccadamo
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