di Antonio Zoretti

I ‘vitelloni’ è una galleria di giovani e meno giovani disoccupati, irresponsabili e velleitari figli di mamma, punto di fusione di violenza satirica grottesca e patetica. Il cerchio si chiude con i ‘paparazzi’, pronti a tutto, dalla partenza immediata, rapidi all’occasione. Guido (detto il Moro), il meno intorpidito del gruppo saluta i vitelloni, simbolo di un mondo dove l’ozio quotidiano è la regola.

Dove va Guido? La risposta deve venire da un divo del cinema, come nel caso di Richard Gere che posò per lui all’Hotel Risorgimento. Bene. Il Moro in città è unico e Lecce è la sua capitale. Il ragazzo che all’inizio – dopo le foto provinciali d’approccio – sbarca nella Stazione Termini di Roma è una reincarnazione di quel mondo felliniano de “La dolce vita”. Dopo la strada diventa sua, una bella favola sui peccati capitali, sui vizi, apologo della condizione mondana in generale, che è anche una picaresca e magica escursione attraverso l’ozio imperante; delle stagioni estranee alle pene dell’uomo. Lecce è lo sfondo dei suoi scatti: la piazza, il cinema, il villaggio della ‘movida’, dei bar, e della sequenza antologica che è la festa del ‘vitellone ricco’. Lecce e la vita notturna caratterizzano modi specifici di una inevitabile opera stanca dove ritornano, tritati e senza invenzione, molti motivi dei giorni precedenti: le bevute notturne, la donna che fa l’alba, le corse in periferia, le vie deserte della cittadina di provincia. Ai paparazzi sembra un film già visto: un solo, enorme flash sulla realtà cittadina mondana e febbrile. Un viaggio attraverso la vanità. Una sorta di cinegiornale di quel mondo dove razzola un certo ozio in movimento.

In questa chiave i paparazzi accolgono gli ambienti. Incapaci di scorgere un’altra realtà che in quella vita è assente, così puntigliosamente assente da sembrare incombente. Visti a distanza, ‘paparazzi e vitelloni’ si danno la mano, nel panorama locale rappresentano i loro autori, approdano e costituiscono la vita leccese, segno ed espressione di libertà e frivolezza: il suo propulsore.

C’est la vie!
Au revoir

(N.B. – nomi e personaggi sono di pura invenzione e fantasia)

Antonio Zoretti