Quale cultura?
di Antonio Stanca – Una letteratura “minore” non diventa “maggiore” solo perché dieci, venti, trenta, cento “colti” di un posto rimasto eternamente periferico si accaniscono ad indagare sulle sue remote manifestazioni culturali ed a scriverne in continuazione caricando giornali e libri di titoli altisonanti. Le voci “minori” di un’epoca storica, di una corrente artistica o filosofica, di una produzione teatrale ci sono sempre state e tali sono rimaste, come tali sono sempre state indicate anche se delle “maggiori” hanno risentito, di esse hanno portato i segni.
E’ dei tempi moderni, contemporanei, la tendenza ad attribuire ai “minori” un’importanza pari se non superiore a quanto è avvenuto in ambito “maggiore”, a voler far intendere che solo perché rimasti sconosciuti o poco conosciuti non hanno avuto il giusto rilievo. Perciò la scoperta, il recupero, la ricostruzione che adesso stanno avvenendo apporterebbero loro quel che meritano e che è sempre mancato. Non ci si accorge di scambiare una rivelazione con una rivalutazione: nessun evento, nessun’opera diventa importante solo perché viene portata alla luce dopo anni, secoli di silenzio. Succede nei casi di testimonianze il cui valore è stato ampiamente riconosciuto e delle quali si era persa ogni traccia. Ma non può valere quando si tratta degli avvenimenti, delle manifestazioni, delle opere scritte o costruite, di tutto ciò che rientra nella semplice storia, nella normale quotidianità che un luogo periferico ha alle sue spalle. Le rivelazioni che al suo riguardo vengono fatte, le pubblicazioni che ne seguono non cambiano la sua condizione, non fanno dei suoi antichi intellettuali, dei suoi remoti artisti degli esponenti di una cultura, di un’arte degni di essere accostati agli altri che contemporaneamente operavano nei centri e che sono passati come “maggiori”. Se sono rimasti sconosciuti è stato perché erano “minori” e non possono diventare “maggiori” solo perché si vuole scambiare la loro scoperta con la loro importanza. Questa tendenza porterà a credere, in ogni posto dove si verifica, di avere una propria grandezza culturale, a credere in essa, a godere di essa, a pensare che sia l’unica ed a rimanere ancora una volta esclusi da quanto succede nella cultura contemporanea, nell’arte contemporanea, nel pensiero contemporaneo.
Pure oggi, ancora oggi c’è, infatti, una grande letteratura, ci sono grandi autori anche se più difficile è diventato conoscerli, sapere di essi perché non rientrano in una corrente ben precisata, non appartengono a determinate aree geografiche ma a tutto il mondo, operano da soli, lontani tra loro, ognuno ha una sua vita, una sua storia e per questo poco noti rimangono.
Questo ci sarebbe da fare, alla ricerca dei moderni autori si dovrebbe andare, nelle scuole li si dovrebbe far conoscere affinché si sapesse qual è la letteratura dei nostri giorni, quali sono i suoi temi, le sue espressioni.
Più importante, più utile sarebbe far conoscere come oggi ha reagito l’artista, il pensatore alle grandi trasformazioni che in ambito umano e sociale, privato e pubblico, i tempi hanno apportato, come ha risposto alle inquietanti domande sul significato della vita, sulla crisi dei valori, sulla perdita di ogni riferimento che la modernità ha posto. Più importante, più utile che sapere della storia di una chiesa, di un paese, del percorso di una processione, delle lettere di un chierico, degli scritti, dei quadri di un anonimo, dei vecchi libri di un convento.
Antonio Stanca, 30 settembre 2017
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