di Marcello Buttazzo –

Le parole possono essere pietre, possono essere scagliate con violenza per ferire. Lo scrittore e poeta Daniele Mencarelli, in una sua testimonianza, ha affermato che, nel corso d’una lite, per futilissimi motivi, un vicino di casa ha apostrofato lui è sua moglie così: “Morti di fame”. Mencarelli vive in un piccolo paese, con la famiglia, e molto candidamente ammette d’essere “un morto di fame”. Ha una utilitaria scassatissima, una famiglia intera che sopravvive grazie a un unico e piccolo stipendio. Talvolta, il poeta ha traversato periodi di assoluta ristrettezza, in cui anche pagare i buoni mensa o il bollo dell’auto era impossibile. Daniele Mencarelli vivrà anche in uno stato di quasi indigenza, ma nel corso della sua esistenza s’è sempre fatto guidare e accendere dalle passioni: la poesia e la letteratura. Ha sempre avuto uno sguardo sul mondo aperto e libero. Pubblica, tra le altre cose, per dimostrare, in quest’era di differenzialismo, di volgari teorici della divisione fra i gruppi etnici, che il genere umano sia unico. Mencarelli ha anche ricordato che, un tempo, fra “morti di fame” si faceva comunità, ci si aiutava. Ora, invece! Personalmente, vorrei dire che lui è un bravo scrittore e poeta. E, come sosteneva Alda Merini in un suo aforisma: “La poesia non ha prezzo”. Quindi evviva i “morti di fame” poeti, che hanno un valore umano inestimabile. 

Marcello Buttazzo