VISITE A CASA COMI
di Maddalena Ascalone
E’ stato per me un periodo breve e fecondo, per mio padre una costante che si è protratta nel tempo.
Ogni sabato mattina io e lui avevamo preso l’abitudine di andare a Torre Vado con una vecchia Renault, una campagnola tutta snodata con i sedili di una rusticità sorprendente, ricordo che le sedute erano agganciate a supporti tubolari con la cordicella. La strada da percorrere per giungere a destinazione era la Lecce – Leuca. Nei pressi di Montesano davanti a una chiesa svoltavamo a destra in direzione di Morciano. Veniva d’obbligo ogni sabato mattina passare da Lucugnano un piccolo paese, noto come il paese di papa Galeazzo, e passavamo davanti a Casa Comi .
Avevo l’impressione, che per mio padre quella casa fosse come un santuario. Non c’era volta che passando di lì, gli argomenti non prendessero una nuova piega. Quasi per incanto si interrompevano i discorsi del quotidiano e si tornava a parlare di letteratura, come se quella vista ci suggerisse percorsi mentali diversi a noi più congeniali.
Un giorno inaspettatamente lui fermò l’auto nei pressi della casa e mi invitò a scendere: aveva deciso di farmi conoscere il Barone Comi.
Entrammo da un cancello che era la parte mobile di una vecchia inferriata. Sulla sinistra una donna di età indefinibile e dall’aspetto severo si prendeva cura del giardino. Rispose al nostro saluto con un cenno che era anche un invito a proseguire ed entrare.
Ci trovammo in una grande stanza rettangolare con la parete di fronte letteralmente ricoperta di libri. Il Barone ci venne incontro sorridendo affabilmente, felice di vedere mio padre e, subito dopo le presentazioni di rito, mantenne verso di me lo stesso atteggiamento. Avrò avuto circa vent’anni, ero intimidita da quell’incontro a sorpresa e mi ero messa un po’ in disparte quando lo scrittore lasciò mio padre vicino ad un tavolo pieno di carte , probabilmente manoscritti destinati alla pubblicazione dell’”Albero” e mi si avvicinò. Dopo un lieve imbarazzo da parte mia, la conversazione divenne fluida e oltremodo interessante.
Queste soste si sono poi ripetute nel tempo. Mi sono chiesta spesso cosa trovasse di interessante nel parlare con me. Forse perché ero giovane si poteva esprimere liberamente, forse riflettere a voce alta sui suoi convincimenti in itinere, gli era cosa gradita. Il ricordo di sua madre era una presenza costante. Si interessava anche alle mie letture e ai miei percorsi di studio.
Parlava a ruota libera e io lo stavo a sentire incantata. Mi raccontava del suo soggiorno a Parigi e non perdeva occasione per rimarcare la lungimiranza di sua madre che con grande apertura mentale per una donna del sud aveva suggerito e supportato le sue scelte. Il soggiorno parigino gli aveva permesso di incontrare gli intellettuali dell’epoca e di trarne grande insegnamento. Non ricordo mi abbia mai parlato di suo padre.
Nei riguardi della religione cattolica le sue riflessioni erano completamente diverse da quello che allora era il mio concetto di religione.
Ero cresciuta con una madre un po’ bigotta e un padre mangiapreti. Lui mi parlava di religione in un modo completamente diverso che un po’ mi disorientava.
Devo raccontare un episodio che inspiegabilmente ricordo ancora. Una volta, parlando di religione, ebbe a dirmi che secondo coscienza sentiva che avrebbe dovuto sposare la donna che da tempo lo accudiva. Rimasi sbigottita, mi sembrava di essere la persona meno adatta a raccogliere queste sue confidenze; in cuor mio pensai che probabilmente parlava solo a se stesso. Non riuscivo neanche a pensare, con l’esperienza d’allora, che un uomo così colto e dotato potesse concepire di sposare una donna che avevo visto zappettare nell’orto.
Non ricordo altro, ma da allora penso a Casa Comi con gli stessi sentimenti di mio padre perche è diventato anche il mio santuario.
Maddalena Ascalone
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