di Marcello Buttazzo –

Quante parole vorrei dire a te che, un giorno, mi hai donato la disinteressata amicizia, la letizia. Frasi semplici, lineari, di affetto e contegno. Nel tramestio d’un momento, lo sguardo contento, vederti chiara e seducente nel tuo immenso cielo. Saperti serena è ciò che m’accora, serafica, timida, molto audace, silente come un bimbo che tace. Un bimbo saltellante e gaio che traversa le tue giornate e ti porta in dote la bellezza fanciulla. Una bimba tenera e giuliva che ti rammemora il tuo essere piccina, legata ad un’idea adamantina. Nello scintillio del giorno, ti sento vicina, voce di donna, ipotenusa di gioia, ancora di  salvezza. Non sei la mia resa, vederti arresa nel tramestio della tua danza. Non sei la mia resa. Tu sei scenario di capelli, occhi fondi di luna. I tuoi boccoli al vento, come il volo dei fenicotteri d’Africa. La tua morbidezza esistenziale, una coperta di piume. Non sei la mia resa. Tu sei la scoperta più allettante, la sola che voglio conoscere in questo tempo stremato. Sei l’atteso sogno che vorrei vagheggiare per non sentirmi più solo. Sono tanti gli spiriti in pena in questo mondo sdrucito, sconfitto. Non sei la mia resa, perché ti penso come il fiorire della vita, lo sbocciare delle rose, il cominciamento del giorno. Ma è solo negletto pensiero, poi mi ripiego su me stesso. E ritorno. Ancora ritorno a formulare quesisti, interrogativi. E mi chiedo: cosa sei se non il vento che m’avviluppa, se non la terra che rosseggia le sue zolle marroni? Tu sei quel che sei, sei stagione nuova, fonte sorgiva d’amore, sei lo stupore. E il sole che splende sulle cose umane con il suo occhio d’ambra. Cosa sei se non la vita bordeggiata per le strade, la vita a fari soffusi, la vita finita – infinita, che non sfinisce mai? Sei la vita – miracolo, piccolissimo evento, che disvela il mondo. Centomila bellezze fanciulle, in giro per la via. Sei la melanconia. Sul battello ebbro d’amore ti vedrò ridestare il sogno. È finito il tempo del torpore, dell’annichilimento. L’autunno ora è splendente. Novembre si veste d’oro. Ma verranno le piogge benedette, di lacrime di gioia, di passione, che volentieri verserei pur di averti vicina. Cos’è la vita intera se non sogno? Sempre vagheggiammo l’eterea bellezza, quel volatile sentimento che ci naviga dentro. Nel giorno, nel sonno, tu m’appari come angelo e stella, bella stella e barbaglio. La piccola scintilla di fuoco che m’arde nel petto non è ansietà, è ebbrezza d’amore. Sole vivo, sole e sole, nei giardini illesi d’un tempo meridiano, sempre a Sud del mondo. Ti ritrovo nel mezzogiorno dell’anima, perfino nell’orto francescano, come filo d’erba virente. E fotosintesi sei tu. Tu crei la vita, fai sorgere il giorno, fai aranciare il crepuscolo, fai succedere le ore. Il tuo pensiero dolce e scapigliato è scombussolio dell’ovvio, la tua tenerezza e la più attesa poesia. Il bagliore che mi mandi è l’aurora che ritorna. Ogni giorno è l’aurora che ritorna. M’hai stemperato la tristezza, in onde sonore hai modulato la melanconia. Hai fatto del mare una distesa di orizzonti infiniti. M’hai davvero donato la gaiezza, la contentezza d’immaginarti, di spasimarti fra le mie braccia. Tu m’hai mostrato la strada, il cammino da percorrere per giungere al tuo giovane seno di pane, ai tuoi occhi di fiamma, al tuo pensiero d’oceano turbolento. M’hai fatto desiderare la bellezza delle piccole cose. Le passeggiate con te sono passi lenti d’amore e filosofia di vita, l’unica che conta. Ma è solo vagheggiamento. È solo un sogno ad occhi aperti. L’eterno sogno.

Marcello Buttazzo