di Marcello Buttazzo

La bellezza intatta dell’incontro, che è condivisione, magia, calore, giorno che si mostra. La dolcezza dell’incontro, che è piatto di grano, sole alto levato, cielo roseo e aurorale, stretta di mano vigorosa, abbraccio affettuoso e sentito, conforto che umanamente e pianamente procede. Un raggio di luce l’incontro con l’altro, che scioglie la cinerea e densa bruma del cuore, che spezza le ferree catene della noncuranza, aprendo squarci di sereno e, comunque, d’impreveduto. Scenari di gioia, di danza felpata, percorsi d’amore. Strade, a volte periferiche, battute da uomini e donne, vorticosamente legati nel lusingare la speranza, nell’agognare l’attesa. Di qualcosa che verrà. In quest’era confusa, contraddittoria, iperconsumistica, che tutto brucia e consuma, usa e getta, a noi uomini all’antica rimane il gusto, il vezzo e il piacere di vezzeggiare lo spazio e il tempo. Lo spazio benedetto dell’incontro. La scoperta delle diversità (d’ogni tipo) e dell’alterità, di ciò che arricchisce la nostra inerente identità e la rende ancor più multipolare. In questo tempo frenetico e ipetecnologico, di Internet e social talvolta utilizzati con un abuso mortificante, dovremmo tornare un pochino a respirare l’aria cristallina, complice e compagna delle piazze reali, quelle con gli uomini, le donne, i giovani, i vecchi in carne e ossa. Piazze reali, che purtroppo si svuotano sempre di più. Su Facebook e altre diavolerie virtuali abbiamo tanti amici, ma spesso davanti alla tastiera ci troviamo soli con le nostre zone d’ombra e melanconie. Dovremmo uscire all’aperto, per strada, popolare le piazze vere. Incontrare gli amici al bar, al caffè, all’edicola, per condividere momenti, pensieri e parole. Ci si può sempre rivolgere all’altro de visu, per chiedere un consiglio, magari aiuto, per osservare il suo volto, per stupirci della ricchezza altrui. Meraviglia davvero dell’incontro effettivo, vivido. Quello, ad esempio, vissuto con gli amici e con le amiche del cuore. Forse ciò che ci dà forza autentica, riconoscimento dell’individualità, gratuità, solidarietà, dono, è l’altro da sé. Rapportandoci con le persone possiamo imparare ad amare, a comprendere, a essere più umili, meno onnipotenti, più attenti al flusso ininterrotto dell’esistenza ordinaria.