di Marta Toraldo –

Fra le pieghe del rosso” (Quaderni del Bardo Editore, Collana di Poesia, 2022), raccolta poetica di Marcello Buttazzo è una rincorsa poetica che attraversa il tempo, quello della vita adulta per fermare e ri-afferrare un concetto amoroso carnale, erotico, romantico.

Un amore espresso con esatti colori semantici, con metafore spirituali assolute, dove, la dimensione femminile descritta, non è soltanto emotiva ma anche compiutamente religiosa; una spiritualità in cui l’amore, visto come pena e dissidio, lascia trasparire la strada verso la beatitudine. La sua ricerca poetica è incentrata sulla donna descritta come chimera che viaggia nell’abisso di un sogno notturno, in un’espressione evocativa intrisa di realismo descrittivo.

Buttazzo sperimenta un atto di possesso dell’amore nel suo animo puro e semplice e incarna questa donna, attuale e presente nella sua storia, nella metafisica dei ricordi ancestrali. I suoi riferimenti stilistici e letterari si fondano nell’antico Catullo, nell’inno di quel sacrale erotismo rivolto all’amata e alla passione. La carnalità vive con il desiderio metafisico della contemplazione. La donna è musa che suscita ammirazione profonda, protezione, incanto, melodia. La definizione che a Marcello è molto cara è quella di madreperla e selva.

Un impianto poetico che muove metafore vive, legate alle stagioni, al divenire del giorno e della notte. I colori dell’alba evocano il risorgere dopo il dolore della notte grigia, la gioia della passione mattutina. Sono presenti inoltre riferimenti poetici naturalistici che sono densi di simboli evocativi sul corpo femminile. I temi ricorrenti sono molto legati alla terra di appartenenza, ai ricordi fanciulleschi, ai valori della storia personale che testimoniano, l’aderenza del poeta alla terra, ad un’etica e una visione d’amore spirituale.

Sembrerebbe, l‘amore, in Buttazzo, una dea panteistica che ingloba tutti i valori di fedeltà alla tradizione millenaria di un popolo, una musa che sfugge e allontana dal dolore, salva l’uomo dal nichilismo distruttivo, dal mormorio di quell’inferno che abita il sottosuolo dell’animo. L’amore è per il Poeta, atto di coscienza cosmica nostalgica di un passato mai vissuto ma bellissimo ed abbagliante ma soprattutto irraggiungibile quasi un sogno millenario. Il percorso nella storia privata e universale che compie il poeta è uno sforzo terribile di espiare e pulire il mondo dal male e dall’odio che sta distruggendo il vero significato e valore dell’ amore universale . In questa visione la donna è romanticamente considerata come viatico doloroso ed ascetico.

L’esempio del Dolce Stil Novo dimostra che l’amata per il poeta è nello stesso tempo donna angelo intermediaria tra l’uomo e Dio capace di sublimare il desiderio carnale maschile e la gioia divina, purché l’uomo dimostri di avere un cuore puro, nobile d’animo in grado di integrare spirito e corpo in una coniugazione omnipervasiva divina.

Questo amore è la metafora del sublime.