La vita
di Marcello Buttazzo – Vita di ferite e rincorse, di cadute, di risalite. Vita grama, fiato spento, cuore graffiato, urlo di gabbiano. Vita desiderata, virente verziere nei meandri senza fondo della mente, melodia di cicale pazze e canterine nella calura meridiana. E chimere rosse, sdegnose e irraggiungibili. Fanciulle con gli occhi verdi, donne sinuose dall’arguto pensiero. Vita che passa e lascia negli occhi il sapore dolceamaro del tempo. Giorno che va, oltre l’orizzonte c’è un’altra alba da incontrare. Vita dei piccoli stratagemmi, dei perdonabili misfatti. Vita di condivisione, di compartecipazione. Percorriamo a piedi nudi questa vita con modeste gioie nel cuore e, talvolta, con i ginocchi piagati. La vita dei desideri frementi e silenziosi, delle speranze, delle attese, delle parole taciute, delle corse sfrenate a perdifiato. La vita piana, con i barbagli del primo mattino, con i crepuscoli aranciati, con la notte sciame di stelle. E la luna che ci guarda. La vita dimessa, bordeggiata ai margini con le ansietà gialline, con le tempeste imprevedute. Pioggia e sole. E coltri di nubi, che a volte nascondono il volto della realtà. La vita errante, di chi vuole scandagliare a fondo senza smarrimento le scaturigini della propria felicità e del proprio dolore, scendendo nei meati della propria anima, per lumeggiare il nucleo radiante e zone d’ombra, che celano il fanciullo scalpitante, che a volte piange. Quel fanciullo fragile che rincorreva su selciati rosso sangue un pallone ed esigeva attenzione, carezze, amore. Quel fanciullo che, nei conventi di periferia, scoprì la bontà strabiliante del messaggio di Francesco, anima folle straziata d’amore. Nel presente fiorisce il passato, la rimembranza è memoria vivida, che apre il giorno. Eppoi, la quotidianità. Dobbiamo rapportarci in continuazione ad un ambiente interno multiforme, a volte dolente per antiche, ancestrali ferite. Ogni individuo è consapevole di imboccare un cammino diversamente accidentato, di accostarsi ad una ordinarietà, che è vasta e intricata, di vivere nonostante tutto. “La vita… è ricordarsi di un risveglio triste in un treno all’alba: aver veduto fuori la luce incerta: aver sentito nel corpo rotto la malinconia vergine e aspra dell’aria pungente”, canta Sandro Penna.
Marcello Buttazzo
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