LA POESIA è per i mal respiranti
Nel giardino del nuovo spazio della Libreria dell’Associazione Culturale Anima Mundi a Otranto, al numero 18 di Via San Francesco Da Paola, nella serata di mercoledì 21 giugno, per l’inaugurazione “…non volava una mosca. Una riapertura più intensa non poteva esserci. L’introduzione di Giuseppe e i versi di Mariangela Gualtieri hanno toccato l’animo di tutti”.
Ecco di seguito le parole “emozionatissime”…
di Giuseppe Conoci – Non amo per niente parlare in pubblico. Eviterei volentieri di farlo ma oggi mi tocca. Forse non riuscirò mai a comprendere quelle persone che riescono a parlare in pubblico come se nulla fosse, con totale spontaneità, e senza il minimo senso di minaccia, senza la minima traccia di panico, di spavento. Questo è per me parlare in pubblico, fare esperienza di questo panico primitivo, sentire questo ospite indesiderato, sentirlo venire a strappare pezzi di corpo, di respiro, di anima. Ma tutto ciò non è estraneo al discorso che vi sto per fare. Panico e Poesia non sono estranei. Panico, respirazione e poesia potremmo dire che stanno nello stesso cerchio. Proverò allora a tenermelo questo panico, a dargli ospitalità a non volermene liberare. Vi farò un discorso a tratti panico.
Pensando a come avrei presentato oggi questo appuntamento con la poesia e Mariangela per la riapertura di AnimaMundi mi continuava a tornare in mente questa frase che in un primo momento non capivo del tutto. LA POESIA è per i mal respiranti. Ma in che senso è per i mal respiranti?
Bisogna soffrire di una certa asfissia, quali che ne siano le ragioni, per poter apprezzare meglio la poesia e sentirne la necessità. Soffrire di mancanza d’aria, che per me vuol dire avvertire acutamente la difficoltà a vivere in un mondo che non lascia spazio all’umano, spietatamente nemico dell’anima e di tutto ciò che ne è veicolo in questa vita. Vuol dire sentire asfissia per l’uso che facciamo della lingua, per il modo superficiale con cui diciamo le cose, con cui prendiamo nota di ciò che ci accade, di ciò che sentiamo e del modo in cui ci rivolgiamo gli uni agli altri. Soffrire di mancanza d’aria per questo cattivo, superficiale utilizzo della parola, della lingua, una lingua distratta che condanna e biasima, quasi mai include, quasi sempre respinge.
Questa è la lingua che ci propone il mondo, una lingua mortifera, votata alla cronaca e al commercio, che raramente sta dalla parte della bellezza, del disinteresse e del sacro.
Eppure noi che cosa siamo in fondo? Siamo esseri che appartengono al sacro. La nostra casa, la nostra origine non è quaggiù, non è qualcosa di piccolino, di spicciolo, è qualcosa di grandioso, di misterioso. Ecco allora perche la poesia, il linguaggio della poesia, è ciò che maggiormente si avvicina a dire questa cosa qui: la nostra grandezza, la nostra vastità, la nostra vertiginosa bellezza.
Il nostro amato Christian Bobin dice che la poesia è la più grande respirazione possibile data a ciascuno di noi in questa vita. Siamo tutti sfiniti, e mal respiranti, per questo modo corrosivo e anestetico con cui facciamo uso della parola, per questo nostro assoggettamento alla lingua corrente, una lingua quasi sempre sullo stesso registro, sin troppo ragionata, sempre tenuta al guinzaglio. Una lingua senza mistero, che dice tutto senza dire niente. E’ per questo che abbiamo bisogno della poesia. La poesia serve a darci questa più ampia respirazione. Abbiamo bisogno di parole che ci scaraventano lontano da noi, che ci portano al largo. La poesia ha questa funzione di sottrarci all’uso ordinario, superficiale, unto e consunto della parola, della lingua, per rivelarci
architetture del linguaggio (e del mondo) differenti, impensate, mai immaginate prima. Ha in questo senso una funzione liberatoria e creatrice, ci libera da un sedentario uso che facciamo di noi stessi per riconsegnarci a un sentimento della vita alto, dignitoso, maestoso, per riconsegnarci la nostra faccia sempre nuova. La poesia ci restituisce l’ignoto e all’ignoto, facendoci abbandonare momentaneamente quel modo consueto di dire le cose, di accostare le parole. La poesia ricrea il mondo, ricordandoci che siamo sconosciuti a noi stessi, che l’altro è sostanzialmente uno sconosciuto per noi, e che ogni cosa è tanto più carica di presenza, quanto meno è stretta dalla nostra presunzione di conoscenza e di sapere…
Che c’entra tutto questo con la riapertura di AnimaMundi? Una riapertura è un aprire di nuovo qualcosa, un aprirsi al nuovo, ci è sembrata una coincidenza bella aprire la nuova sede di AM e
inaugurare il suo nuovo cammino (se il destino vorrà dare ad AM un nuovo cammino) con la poesia e la straordinaria forza evocativa dei versi di Mariangela pronunciati dalla sua stessa voce.
Mi piacciono le cose quando non sono eccessivamente determinate dalla volontà. Probabilmente se la domenica delle palme non avessi incontrato Paolo (che qui ringrazio per la generosa disponibilità a lasciarci utilizzare questo magnifico giardino) e se Paolo non mi avesse detto, “il mio locale è libero, ti interessa?” Probabilmente non saremmo qui ora a prepararci per ascoltare Mariangela.
La presenza di Mariangela qui con noi stasera è sia una scelta che un caso. Come anche è un caso ritrovarci a fare questa celebrazione nella giornata di oggi che coincide con il solstizio d’estate. Non è stato deliberatamente deciso di riaprire oggi, è accaduto così. Allo stesso modo non avevamo programmato di avere qui con noi Mariangela, è accaduto.
Quello di Anima Mundi è stato, nel corso di questi primi quindici anni, un cammino che si è
compiuto in questa maniera, che si è fatto passo dopo passo, strada facendo, da se quasi, con davvero poco utilizzo della volontà, di un pensiero progettante. AM è il frutto di folgorazioni improvvise incontrate lungo la strada e di tanti incontri, tante persone, tanti volti che ci sono venuti incontro in questi anni e si sono trasformati in eccezionali amicizie, grandi amori, splendide, creative, fruttuose collaborazioni.
Vorrei poter menzionare e ringraziare una ad una tutte queste persone, i tanti volti, ma ci vorrebbe molto tempo. Così lascio scorrere la mia riconoscenza e gratitudine nell’etere affinché possa giungere a loro.
Un grazie però voglio pronunciarlo ora a Mariangela Gualtieri per il dono amicale della sua
presenza qui con noi stasera in questo preciso momento della vita di AM. Grazie per aver detto di sì, generosamente, al nostro invito di venire a Bene-dire con la grazia della parola alta, con la grazia dei suoi versi questa ri-apertura, questo cammino che riprende nel nostro spazio pubblico assieme a tutti voi che ci permettete di esistere e ci avete accompagnati in questi anni. Grazie a voi che con il vostro calore, entusiasmo, generosità e stima ci avete dato senza saperlo un grande sostegno ogni volta che, entrando nella nostra libreria, vi siete stupiti per l’uscita di un nuovo disco o di un libro nuovo…
L’auspicio che AnimaMundi ci rivolge – e che la presenza di Mariangela con noi qui stasera metterà in rilievo – è quello di farci tutti noi un po’ più traghettatori dell’umano, farci più attenti, e di reintrodurre il sentimento del sacro nelle nostre vite. Non importa la connotazione religiosa che diamo a questo sacro. Possiamo anche non darla. L’importante però è dargli credito, sentirlo, sapere che il sacro spesso sta in ciò che di noi non ci piace, in ciò che vorremmo meglio evitare, rimuovere, come il mio panico per esempio. L’auspicio che AnimaMundi ci rivolge quindi è di modificare lo sguardo con cui ci guardiamo gli uni con gli altri e di cominciare a sdoganare il sacro nell’umano un po’ più di quanto sdoganiamo merci e prodotti. In questo sono certo che l’ascolto dei versi di Mariangela ci potrà aiutare, mettendo in noi alcuni semi.
Grazie di essere qui, e buon ascolto!
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