di Marcello Buttazzo –

Non mi sono mancati orizzonti
altrimenti
non avrei avuto
strade da camminare
con passo spedito
anche quando la sosta
mi reclamava.

Adesso che gli orizzonti
si son fatti brevi
mi prendo il tempo
perché il dolore s’acquieti
perché sia lui, questa volta,
ad inseguirmi

Edizioni Milella di Emanuele Augieri ha appena pubblicato (ottobre 2023) la raccolta di poesie “Diario di un commosso viaggiatore” di Alessandro Zaffarano. L’Autore è un apprezzato psichiatra e psicoterapeuta, originario di Bisceglie e attualmente residente a Lequile. Fondatore ed animatore, con Daniele Giancane, Raffaele Nigro, Francesco Nicassio, Tommaso Perdonò, ed altri giovani poeti, del Gruppo “Interventi culturali” con i quali pubblica i suoi primi volumi di poesie (1975- 1977). Per motivi di lavoro si trasferisce a Lecce nel 1980 dove entra in contatto con altri poeti e letterati. In particolare, incontra Antonio Verri con il quale stabilisce una solida e profonda amicizia. Verri lo ospita ripetutamente sulla rivista Pensionante dei Saraceni. Dopo 46 anni dalla pubblicazione di “Canzone per Caino” (1977), Alessandro Zaffarano ritorna alla poesia con “Diario di un commosso viaggiatore”, “un gran bel lavoro”, secondo il parere del professor Daniele Giancane, autore, tra le altre cose, d’una interessantissima prefazione al libro di poesie.

Ho il piacere di conoscere da molti anni il dottor Alessandro Zaffarano, che vive a Lequile, nel mio stesso paese. Non parlerò di mie esperienze e vicissitudini personali. Epperò, posso dire con certezza che Zaffarano, in questi anni, ha sempre traversato la vita con poesia. Insomma, anche se la sua professione di psichiatra e di psicoterapeuta lo ha portato a bordeggiare i cammini sterrati del dolore, lui s’è sempre approcciato con una visione altamente poetica ai fatti dell’esistenza. E affermo ciò, tenendo conto che Alessandro Zaffarano impiega sempre la parola come maestra di virtù e promotrice di soluzioni. Ho conosciuto de visu lo psichiatra Zaffarano e posso certificare che è un medico illuminato, un uomo scrupoloso e generoso, che non ti fa mai mancare l’aiuto desiderato.

Ora torna alla poesia con una nuova silloge. Ma la poesia lo abita da sempre. “Diario di un commosso viaggiatore” è una sorta di diario, un racconto continuo in versi, che si compone di tre parti fondamentali: “Parolazione” (1977-1979): “Canto di Idareo” (1978-1995); “Il viaggiatore di anime”(1998-2022). Anche se, a rigore, potrebbe sembrare un po’ improprio chiamare questa silloge semplicemente diario. In effetti, traspare e trasvola in tutta l’opera una vera poesia universale, una fitta danza di anime, un “io” in comunione con il “tu”, con il “noi”, in una compartecipazione e compenetrazione di intenti. Una poesia compagna di un viaggiatore commosso ed empatico, capace di respirare il travaglio del prossimo. Con un metodo conoscitivo e analitico, Zaffarano interroga la parola, non la tiranneggia mai, l’asseconda con uno stile lineare e originale. Talvolta, nella prima parte, assistiamo ad una “spezzatura” dei lessemi, ma nella seconda parte la sua andatura è più tradizionale. In “Parol/Azione” lo scenario fiorisce ineludibilmente dalla professione di psichiatra dell’Autore: “un incontro col diverso/è già piacere fisico/consente un’alchimia/di sofisticati giochi/ a portata di mano/permette di ottenere/soluzioni nuove/”. Lo stesso Zaffarano, in una nota d’apertura, sostiene che “il lavoro di “togli e metti”, di cui è frutto “Parolazione”, richiama in qualche modo il lavoro psicoterapeutico, quello focalizzato a far venire fuori, a far “emergere” ciò che c’è, ciò che si sente, ma non si vede”. “Canto di Idareo” è un’affascinante escursione nel Sud del Sud, nel Salento non di cartolina, ma nel Salento dell’anima. Il Salento dello spaesamento, della solitudine: “qui/si smette/di innaffiare intenzioni/sulle terrazze/della propria pelle/qui/il semaforo/regola l’accesso di Ulisse/all’altra faccia /di questa faccia/qui/muore la ferrovia/e il vento/spazza la pianura/”. In questa terra vitale di fermento, Zaffarano ha frequentato nuovi amici e compagni di scrittura (ricordiamo Carlo Alberto Augieri, Otello Conoci, Francesco Saverio Dodaro, Piero Manni, Antonio Verri).

Nella parte finale di un “Diario di un commosso viaggiatore” spiccano per bellezza umana alcuni versi dedicati ad Antonio Verri, a Francesco Saverio Dodaro, a Daniele Giancane. Viene rammemorata l’esperienza del Pensionante dei Saraceni, giornale veicolo di spiriti e di idee. Viene ricordata la figura di Antonio Verri, pendolare da Lecce a Caprarica, fino all’ultima volta in cui il percorso non si compì, in cui il pendolo si fermò prima dell’arrivo. Compare il sorriso largo e di comprensione di Dodaro, che a più riprese tentò di riportare Zaffarano sulla strada della scrittura. Daniele Giancane scrive nella prefazione: “È un libro solido, intenso perché colmo di motivi, idee, pensieri, ma soprattutto perché ci presenta una scrittura avvolgente, a volte ironica (o sarcastica), altre volte malinconica, qualche altra volta erotica. Ed è una scrittura moderna, vibrante, solo a tratti lirica”.

La scrittura di Zaffarano è molto intensa, condotta con l’inchiostro sangue d’un esploratore di sentimenti. I suoi versi più recenti, compresi nella sezione “Il viaggiatore di anime” (1998-2022), sono densi di pathos, di vissuti pregnanti; tra l’altro, seguono un registro accattivante, con il verso breve, senza alcuna concessione prosastica, con lievi ma sentite folgorazioni liriche. In questa sezione, s’appalesano due temi cari all’Autore, il Sud e la solitudine: “I balconi/ non offrono riparo/ il sole/ti spinge al chiuso,/il caldo/al buio delle persiane./ Tutto si riduce,/anche il respiro,/aspettando che le ombre/ riprendano spazio sulla via/sui muri delle case/come un velo protettivo /che t’accompagna fino a sera./”In quest’ultima parte si evidenzia l’amore dell’autore per la vita, per il minuscolo, per le piccole cose. S’avverte la presenza del paese. E quell’officina degli affetti che è cuore pulsante d’un uomo guardiano di confini, che ha provato a ricostruire storie di macerie, a ridare un senso a tempeste imbrigliate di pensieri ellittici e scompaginate. Un uomo che ha navigato inconsci di persone accidentate. Con “Diario di un commosso viaggiatore” Alessandro Zaffarano ritorna alla poesia. Anche se lui con la sua competenza e con la sua premura, prendendosi cura di individui sofferenti e marginali, dalla poesia non si è mai allontanato.

non opporrò
nessuna resistenza
alla morte
non combatterò
per strapparle qualche giorno.

Forse scapperò.

Mi lascerebbe fare,
sorridendo beffarda,
sicura di prendermi
quando l’affanno della fuga
mi lascerà senza fiato.

                       Marcello Buttazzo