di Marcello Buttazzo –

Ora capisco perché sei andata via
Anima
fra i rami ariosi e freddi
e fitti di foglie
e spirito
un soffio balsamico da respirare
nell’indistinto
nella moltiplicazione dell’eguale
pineta di colonne o simulacro
di uomini più antichi.

Giorgia Mastropasqua è una giovane scrittrice e poetessa (è nata nel 1986), con una radicata esperienza. È stata redattrice della rivista “Il Caffè”. Ha collaborato, tra l’altro, con “L’Unità”, con il “Paese Nuovo”, con “HateTv”, con “Ondalternativa”, con “ML”, con “06Live”. Nel 2016, ha pubblicato “Grazie per gli spiriti”, raccolta di racconti. All’inizio del 2024, Controluna, casa editrice romana, ha mandato in stampa “Al mondo vuoto” di Giorgia Mastropasqua, raccolta di poesie, con una prefazione di Ilaria Palomba. Giorgia dedica la silloge alla sua piccola figlioletta Ginevra. Scorrendo i versi della poetessa, che a volte segue un passo intrigantemente prosastico, si intuisce il mondo d’elezione, l’universo dominante del suo pensiero. “Al mondo vuoto” ci dona una poesia sostenuta, ricercata, intessuta in una ricca trama, elegante, che naviga a Sud. Una poesia fitta, densa di metafore e di immagini, che si srotola come un film. Mastropasqua, infatti, s’ispira in alcuni tratti alla cinematografia, all’esoterismo, ai Vangeli gnostici. È una poetica complessa, la sua. Ciononostante, i versi procedono con grazia, leggiadria, si leggono tutti d’un fiato, perché il cimento unificante è la parola. E alla parola Giorgia concede un ruolo primario, prioritario, perché la parola asseconda le vicissitudini dell’umano sentire. La poetessa romana Ilaria Palomba, nella prefazione, scrive: “È agli spiriti che la poetica di Giorgia si rivolge da sempre, mistica, metafisica, vertiginosa, in lei ascensionale ha corpo di parola raffinata e scavata, senza tuttavia essere scarna”. La poetica di Giorgia è un bel viaggiare, fra i meati della spiritualità, del corpo, dei vissuti, della luce del Sud, con un amore profuso a piene mani. Mi preme dire ciò che segue. Giorgio Caproni, forse il più grande poeta lirico del Novecento, insisteva sull’essenzialità della parola e sulla musicalità nell’abbraccio dei versi. In una sua intervista negli ultimi anni della sua vita, rinvenibile anche su Internet, Caproni sosteneva con un paradosso che la sua massima ambizione era quella di scrivere una poesia con una sola parola. Ora, i versi di Giorgia Mastropasqua non fanno certo risparmio, non fanno economia di parole, ben architettate in un ordito sapiente. Epperò, molto suasive sono alcune figurazioni liriche di Giorgia Mastropasqua, come ad esempio: “Le vetrate sono quasi brune/ormai/disco mosaico di sabbia/e di conchiglie/ed io refolo millenario”; “Il primo cordone/muove l’ordito/del cosmo meccanico.”; “Lungo sordi tappeti/soffici pareti dai bottoni/si risolvono in rombi.” Ed ancora, “schiere di angeli o lance/dalla fossa/musica o clangore”; “Con il braccio nudo/segna la stella/un guardiano scarlatto/sul fondo della scena.” “Al mondo vuoto” è una raccolta rivolta al cosmico, con connotazioni ben precipue. Anche spaziali, come uno scorrere in una via di Leuca. Ben definiti sono quei vagabondi che cantano, seduti in circolo all’ombra del monumento dei caduti. Cantano nel tepore di un autunno, che non si avvia al termine. Ben caratterizzato è un barbone senza foglie, padre randagio, che tossisce una dottrina non può seguire. “Al mondo vuoto” è una vibrante silloge con versi d’amore. Amore inteso nella sua accezione più vasta, che compendia uomini, donne, cose, spazi fisici, metafisici, aspetti conosciuti, inconosciuti. Fin dall’esordio della raccolta comprendiamo che Giorgia è una macchina spirituale d’amore: “Perché ho paura/di perdere/la mia lingua peculiare/il tuo ricordo/lo affido al ritmo/della stagione breve/al tamburo automatico/della scatola armonica.” La ricordanza ha grande rilevanza. La poetessa ricorda una strada assolta lungo il nodo di cantieri e chiese di cemento. Ricorda un giardino vigoroso e abbondante d’arbusti inferociti e pietà di colori viola, lilla, ambizioni di rosso. Accattivanti sono i quesiti di Giorgia. Si chiede la poetessa: “L’abuso della parola amore ha un passato e un futuro? O devo pensarti in una stanza eburnea solitario e sorridente come me, da quando ho chiuso le porte?” Nei versi di Mastropasqua furoreggia la Natura: “Il sapore delle bacche/non risponde al tono scuro/frutto ruvido di polvere/in un debole vento”. Dicevamo, in precedenza, della postura cosmica ed anche trasognata di questi versi. Una forte tensione immaginifica la troviamo nel seguente passaggio: “Un fremito nelle tempie/e il rumore del sole/descrive un arco/l’itinerario panoramico/nella calotta di tartaruga.” E siccome l’amore ha la sua notevole significanza, la poetessa cerca qualcuno, qualcosa, per i vicoli, oggi o tutti i giorni, come in un solo sogno, come in un viaggio per mare disciplinato, scevro da pensieri. “Al mondo vuoto” di Giorgia Mastropasqua è una silloge originalissima, da acquistare e da leggere, perché in essa l’autrice è devota, più di ogni cosa, alla bellezza umana e alla maestra poesia.

Sulla pietra, nella polvere
sono cerchi e semicerchi
i lombrichi sono segni
residuo di parole
rotte, cadute per terra
o forse baccelli
di un altro discorso.

Marcello Buttazzo