Marcello Buttazzo –

Prende. Non prende.
Domande da sconquasso.
Sei connesso?
Tutti fottuti da quest’era digitale
difatti
come dal Cielo, anche da te
nessun segnale.

#antenne#gattarandagia#provaaprendermi
#poliziesco#eradigitale#sconquasso#dioèungatto

Un po’ di giorni fa, venerdì 21 aprile 2023, presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, s’è svolto il reading presentazione della raccolta di versi “Lingua volgare” (Musicaos Editore) di Paola Maritati. L’autrice ha dialogato con Luciano Pagano. Gli interventi musicali sono stati eseguiti da Mino De Santis. C’è stata un’intensa partecipazione d’un pubblico attento e interessato, che ha apprezzato i bei versi declamati dall’autrice salentina e le canzoni di Mino, sempre sarcastico, maestro della “lingua volgare”. Paola Maritati, laureata in scenografia teatrale e cinematografia all’Accademia di Belle Arti di Lecce, lavora nel teatro come scenografa, costumista e progettista teatrale. È impegnata maggiormente sui problemi legati all’immigrazione e alla lotta di genere sul territorio Pugliese.

“Lingua volgare” è una raccolta poetica di delicati sentimenti d’una autrice profonda e sensibile. Vi balena un mondo dell’esperienza particolare, attinente al quotidiano, ma al contempo originalissimo: un po’ circo, un po’ paesaggio lunare, un po’ villaggio globale, un po’ terra di filastrocche. La cifra stilistica è pienamente riconoscibile con un lessico autentico, spontaneo, con il predominare talvolta dell’invettiva, delle notazioni ironiche, dei passi caustici. Passaggi briosi, che fanno riflettere a fondo e predefinire l’esistente. “Lingua volgare” è una raccolta colta, ricercata, riconducibile ad una lingua modernissima, ma anche a un vestimento originario (delle origini). Non deve ingannare il fatto che la poesia aulica e raffinata di Paola Maritati a volte sia inframezzata da qualche piccola dicitura lievemente scurrile. Lei sa creare un mix gustoso, allettante. Questa è poesia serissima. La voce dell’autrice è davvero alta, poiché lei sa muovere con maestria il registro dell’incanto e del disincanto. Devo dire che, nel corso della serata di venerdì 21 aprile, Paola con molta modestia s’è quasi giustificata, dicendo di non essere un’attrice professionista. Epperò, ha declamato con fluidità i suoi versi, assecondata dalle musiche e dalle parole speciali di Mino De Santis. Il punto di snodo di “Lingua volgare” è questa capacità inerente di saper compendiare il moderno e l’antico, in un corso fluido, fluente. Gioco serissimo.

Luciano Pagano ha scritto: “Lingua volgare” è poesia che ci riporta all’istante immediato di una vita “qui e ora”, con una radicalità da medioevo contemporaneo, sacro e profano, tra trivialità ed ironia, sarcasmo e irrisione”.  Paola Maritati non ha paura di armare la penna e di esprimere, ad esempio, con sconcerto la sua sfiducia nei confronti dei cosiddetti strati vincenti (“Se questo è il mondo dei vincitori,/probabilmente è in quello dei perdenti/che si gioca ancora tutta la partita./E io giocare voglio./”). Non ha timore, l’autrice, di sottoporre a critica serrata la società globalizzata, delle merci sventagliate, la filosofia deteriore del “compra, usa e getta”. “Mi piace pensare alla globalizzazione lunare/come alla piena forma, quella vera,/ che unica sarebbe dovuta restare./Luna,/sogno popolare/”. Un’altra singolarità di questa raccolta è che, quando finisce una poesia, ci sono gli hashtag, che sono segni di chiarificazione, di disvelamento, di smarrimento. “Lingua volgare” è una silloge molto corposa, ben congegnata, in cui l’anima nuda della poetessa si mostra nuda, come la terra nuda. Paola sostiene di non saper fare niente, d’essere nata doppia. E doppia vuole restare. Ritiene di essere nata divisa e divisa vuole rimanere. “Sei una virgola./Nata curva,/perché ti devi raddrizzare?/”.

La definizione della propria identità, della propria integrità, è un percorso sempre in cammino, in dinamico divenire. Paola è convinta che “s’uccide” non con l’odio, ma col riso. E il suo intento primario è quello di prescegliere sempre meglio, con più oculatezza, le cose della vita. Alcuni suoi lampi d’ironia sono esilaranti, come quando scrive: “Sono una penitente/mi piace peccare/come la trovo sennò una scusa per pregare?/”. Alcune brevissime descrizioni sono di lineare venustà: “Cercava nei capelli/ciò che ha trovato tra le piume/chine del suo cuore./”; “Al sole del perdono la pelle si stira,/le ossa si rinforzano/l’anima respira./”; “La gentilezza/evita agli altri il male che ha vinto./La violenza/infligge tutto il male che ha subito./”. Mauro Marino ha scritto: “Lingua volgare” è un libro molto “antico” e molto contemporaneo. Ci dice come guardare le cose del quotidiano, ciò che accade…c’è la lingua di tutti nel lavoro di Paola: c’è ciò che parliamo, “frammenti di cose scritte in volgare “ nella raccolta, in un ipercontemporaneo che prova la cura poetica”. Paola Maritati con la sua morbidezza umana e con le sue parole si sa prendere cura di sé e dell’altro da sé con infinito amore.

Tre mani
dal mare rapiscono.
La prima
il velo strappa
la seconda
la parola nasconde
l’ultima
il suono disperde
e chiedono
rimani.

#alba#mani#mare#rimanere#bagnodinotte

 Marcello Buttazzo