Sulla povertà
di Marcello Buttazzo
La povertà estrema è una lama che taglia le carni, fa strame dell’umano sentire. La povertà sorda e muta non ha virtù di suono: reca con sé solo sapore di disperazione, vesti stracciate e un pugno di mosche nere nere. Soffrire d’indigenza assoluta vuol dire patire le pene dell’inferno, è scendere a piedi nudi e coi ginocchi piagati negli strapiombi senza fondo dell’esistenza, non vedere riconosciuta la propria dignità di uomo e di donna. E la vorace e padrona e predatoria economia globale non giova, senz’altro, a definire un più equo vestimento della situazione generale. Noi uomini della strada ci smarriamo al cospetto di analisi astruse sull’economia, che spesso ci vengono proposte come un susseguirsi freddo di dati. Quasi fossero ragionieristici enunciati, che vengono agitati come spettri, come palesi spie d’una crisi dilagante. Poi, però, molti di noi fanno i conti con la quotidianità e con le ristrettezze ordinarie (nostre e quelle degli altri) e, indipendentemente da certi allarmanti parametri tecnici, giocoforza guardano in faccia una difficile realtà, un mondo che non gira come dovrebbe. Da anni la Caritas italiana, negli annuali Rapporti sulla povertà, denuncia senza mezzi termini una deprimente situazione di disagio. Il nostro tipico sistema di welfare è incapace di farsi carico delle nuove forme di povertà, delle nuove emergenze sociali che derivano dalla crisi economica e finanziaria. Ai Centri di ascolto della Caritas, disseminati nel Paese, si rivolgono soprattutto migranti, pensionati, anziani, casalinghe. Viviamo una situazione di incidente malcontento, di malessere diffuso. Se lo Stato sociale arranca fragorosamente, lo scompenso non è solo della gente, della comunità: è anche della politica, perché sistematicamente sa solo effettuare tagli su fattori nevralgici tipo la scuola e la sanità. Una politica sterile (indipendentemente dai governi di centrodestra, tecnici o di centrosinistra). Nonostante le supposte riforme, ventilate dal trascorso governo Renzi, la situazione di disoccupati, inoccupati, esodati, precari, pensionati alla fame, rimane gravissima. In compenso, però, tutti i governi (di centrodestra, tecnici, di centrosinistra), in questi anni, hanno saputo investire cifre abnormi nei micidiali e mortiferi armamenti. Miserevoli e ferini armamenti. Ma è l’attuale sistema economico capitalistico e finanziario sul banco degli imputati. Un sistema che non gira, che non va, una terra arida, in cui sorella condivisione viene sacrificata scientemente sui truculenti banchetti dell’ingiustizia. Il sociologo Zygmunt Bauman, a proposito delle disparità sociali, scrive: “I dadi, che noi- abitanti d’una società capitalistica e individualizzata- non possiamo fare altro che continuare a gettare nella maggior parte e forse in tutte le partite della nostra esistenza, sono in effetti sempre truccati a favore di quanti traggono o sperano di trarre profitto dalla disuguaglianza”.
Marcello Buttazzo
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