di Marcello Buttazzo –

L’ambiente è congestionato, malato, compromesso, con il fiato corto. La crisi ecologica, che attanaglia il pianeta, è per l’innanzi una fragorosa sconfitta dell’uomo, dei governanti, dei potenti, che non riescono a proporre con incisività politiche più spendibili e più sostenibili. Dovremmo vivere a quote più rallentate, più normali. L’uomo è vittima di se stesso e della sua smania abnorme di iperproduzione: sporcando in continuazione, pervicacemente e intrusivamente, gli ecosistemi, di fatto non si prende cura dell’umano e civile sentire. La crisi ecologica è soprattutto uno smarrimento antropologico, una palese difficoltà a interpretare nel modo giusto le sollecitazioni d’un mondo sempre più frenetico, in divenire. Mutano i sistemi produttivi, i combustibili fossili sono irreversibilmente a termine, il villaggio globale s’è drasticamente ristretto, le energie rinnovabili chiedono spazio, ma drammaticamente non riusciamo ad aprirci al sole dell’avvenire, alla nuova era, che avanza lentamente. Il petrolio è ormai il nostro passato, che però in tutti i modi manteniamo anacronisticamente in vita in un presente, che esigerebbe più coraggio, più intraprendenza. Da tanti anni, ormai, illustri studiosi tratteggiano con entusiasmo l’avvento d’una cosiddetta economia ad idrogeno, capace di rivoluzionare le normali acquisizioni politiche e di mercato. L’idrogeno è l’elemento più semplice e più diffuso nell’universo, una sorta di carburante perpetuo, inesauribile, privo di emissioni inquinanti. Ciononostante, l’economia ad idrogeno viene ancora considerata un discorso di nicchia, ed una agognata rivoluzione liberale ambientale stenta a partire, anche perché le lobby del petrolio non intendono fare passi indietro. Eppoi, c’è il sole, il vento, le biomasse. L’aria è inquinata di ossidi e di altre particelle pericolose, le acque schiumano, il suolo è il ricettacolo terminale di sostane tossiche di vario tipo. Se la politica, deprivata dei suoi interessi e dei suoi umori più torbidi, riuscisse a saldarsi con la grande economia, potremmo sperare di invertire consolidati trend negativi. Solo da una cooperazione virtuosa e incisiva fra politica ed economia, si può tentare di uscire fuori dalla stagnazione, proponendo su larga scala lo sviluppo di fonti energetiche pulite e a impatto zero. Il nostro pianeta ansima, è sofferente. I governi del mondo hanno l’obbligo di dialogare effettivamente e pragmaticamente nei periodici grandi summit mondiali, stringendo accordi vincolanti, da rispettare strettamente e pedissequamente. L’etica della responsabilità non deve essere solo una sterile enunciazione teorica, puramente vestigiale; ma deve essere una mansione primaria, irrinunciabile. I nostri figli e i nostri nipoti hanno il diritto di ereditare una terra quantomeno vivibile.

 Marcello Buttazzo