di Marcello Buttazzo – Nell’era della tecnologia soverchiante, dei social invasivi, sarebbe necessario più che mai recuperare una dimensione più sobria e più improntata ad ascoltare i silenzi e le pause della nostra anima. Davvero significativo, in tal senso, un esperimento condotto recentemente nell’Istituto Comprensivo di Goito, centro della provincia mantovana: 80 ragazzi tredicenni di terza media sono stati invogliati e sollecitati dai loro professori a sottoporsi ad una “astinenza da cellulare” per 48 ore. La scuola ha chiesto l’autorizzazione ai genitori, che l’hanno concessa. Gli adolescenti trascorrono ore e ore al telefonino, sullo smartphone, che purtroppo diventa una protesi del loro pensiero. Nella scuola del mantovano, l’esperimento di recupero del tempo perduto è riuscito pienamente. È vero, alcuni ragazzi si sono annoiati senza il supporto meccanico, ma la maggior parte s’è sentita libera. E cosa c’è di più prezioso, di più allettante, di più desiderabile, che riconquistare la mansione primaria della libertà? Riadattare gli attimi e gli istanti con spirito rinnovato, ritemprare il giorno, è una prerogativa da non trascurare. Addirittura, quasi tutti i ragazzi della scuola di Goito avrebbero voluto prolungare l’esperienza: “Il primo giorno eravamo in crisi di astinenza, il secondo meglio, ma ci voleva almeno il terzo per sentirci bene”. Questa lieta storia dovrebbe servire da insegnamento esemplare a noi adulti, che sovente siamo distratti da Facebook e da altre diavolerie elettroniche. Noi adulti, ad un certo punto, dovremmo saper far tacere e spegnere il telefonino o il computer, riappropriandoci di sensibili spazi vitali. Saper gestire e ottimizzare il tempo, vuol dire anche voler valorizzare la propria interiorità. Alla piazza virtuale dovremmo saper preferire sempre quella reale, che si sostanzia di uomini e donne in carne e ossa, di vibratili relazioni umane da respirare attimo dopo attimo.

Marcello Buttazzo