In cerca…
di Marcello Buttazzo –
Quanta sofferenza nei mari dell’incerto destino. Quante solitudini s’inseguono, quanti giorni cupi s’intricano alle maglie di questo tempo. Migranti delle acque e delle terre, in fuga dagli inferni di rosso sangue, dai deserti di sabbia marroni, dagli incendi di guerre cruente, ferine, persecutorie. Migranti desolati, sradicati dalle sorgenti di acque pure, dove affondano le scaturigini di essenze, gli echi delle madri, l’operosità dei padri, le ancestrali vicende di vissuti essenziali. Questo tempo è severo, macchiato dallo scuro di tutte le occidentali manchevolezze, eterni conflitti rapinosi e di spoliazione, scatenati nei Paesi a Sud del mondo. Migranti del tormento traversano questa terra di ciottoli e fango con l’attesa nel cuore, con la vivida speranza nel connettivo delle ossa. Come pazienti e inquieti rabdomanti alla rincorsa delle venule più chiare, non ricercano un favoloso Eldorado di calie scintillanti; no, essi pragmaticamente tentano di approdare in un porto di barche ammarrate e serene, per trovare un’esistenza appena appena decente. Ma questa era è tribolata, piange lacrime di amara prostrazione. Migranti della nostalgia, della negritudine, della melanconia, scappano dalle turbolenze: epperò, quanta memoria alligna nelle loro contrade all’improvviso abbandonate, lasciate perché gli eventi sono truci e non hanno cura dell’umana pietà. La misericordia è pane domenicale che si mangia con mani compagne; e non sempre gli umani sono pronti a presenziare, tutti assieme, a questo sacro rito. Quanta nostalgia, migranti delle acque e delle terre. Nelle loro patrie di terre ferite, i soli d’estate bruciano le arsure più dense, lumeggiano i prati, che venivano calpestati in passato con passo bambino. Nelle loro patrie di terre dorate, le sere serafiche arabescavano cieli di crepuscoli aranciati. Ora, migranti, siete lontani dalla vostra primigenia culla, e navigate in un mare, a volte, travaglioso, burrascoso, ostile. Talvolta, trovate in un utero inclemente la morte. Donne, uomini, bambini, uniti in una afflitta sorte. In un mare di dolore, inghiottiti con le vostre semplici chimere, i modesti sogni, che non s’accordano più al barbaglio del giorno. C’è anche chi v’accoglie e dà senso e dignità alle vostre vite. Ma quanti marosi tempestosi vi hanno sfiancato! Quanta insensibilità e fredda indifferenza e steccati ideologici e mentali segnano giornonotte il vostro umile passo! Quanta grettezza di certuni, che, invece di edificare ponti di conoscenza e d’amore, sanno solo costruire muri d’odio e di filo spinato. Molti occidentali non sanno riconoscere l’altro da sé, perché sono endemicamente incapaci di scandagliare a fondo nel proprio sé. A voi, migranti delle acque e delle terre, giunga una laica preghiera. Che la vostra esistenza di anime pellegrine, erranti come la luna, incroci non più un mare funesto, ma uno sterminato oceano di benevolenza. Che possiate vagolare per il mondo, con progettualità espresse. Che possiate sempre incontrare un’alba fremente. Che possiate essere uomini, donne, bambini liberi, aperti ai raggi di nuovo stupore.
Marcello Buttazzo
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.