di Paolo Vincenti –

Quali dubbi devono aver agitato la mente di Matteo Renzi dopo la sonora sconfitta al referendum? “Mi ritiro o non mi ritiro? Lascio o raddoppio? Mi si nota di più se resto oppure se me ne vado?” Un piccolo sussulto di dignità prontamente scacciato come mosca fastidiosa lo avrebbe portato a dimettersi anche dal Pd e a lasciare la politica. “Che figura di merda ci faccio? Ho gridato a tutto il mondo che mi sarei ritirato a vita privata in caso di sconfitta!”. Questa risoluzione lo avrebbe certamente reso simpatico anche ai più accaniti avversari. E poi chissà? I corsi e ricorsi storici. Magari, dalla quiete di Pontassieve lo avrebbero richiamato a viva forza nel traffico romano i suoi compagni di partito. E lui, novello Cincinnato, avrebbe lasciato i campi e la vanga e si sarebbe rivestito della giubba di rappresentanza. Dal negletto otium ad un rinnovato negotium.  Sì, ma ad avercela la dignità, che è merce rara, non è roba da un Renzi qualsiasi. Altrimenti pure la Ministra delle riforme fallite Boschi, per essere consequenziale ai proclami fatti, si sarebbe dovuta ritirare dalla politica (“con Matteo, nella buona e nella cattiva sorte”, aveva, l’eroica pulzella, romanticamente annunziato all’Annunziata Lucia dagli schermi di Raitre). Invece, ecco la Maria Elena nazionale cambiare seggiola ed andare ad occupare quella di sottosegretario del neonato Governo Gentiloni, lasciando quella di Ministro delle “schiforme” alla Finocchiaro, quella che faceva portare i carrelli della spesa all’Ikea dagli agenti di scorta, la quale, da nemica della prima ora di Renzi, per le mutevoli sorti della politica, ne è diventata aficionada e adesso è stata premiata con l’entrata nel governo. Del resto, quasi tutta la squadra renziana è stata riconfermata nel nuovo esecutivo Gentiloni, con poche eccezioni, come la Ministra Giannini, bocciata da professori e studenti per la sua sciagurata riforma scolastica. Un capro espiatorio del resto s’ha da trovare e l’ex ministra di Scelta Civica dovrebbe pure essere fiera di incarnare una figura di così nobile tradizione. Unica concessione al campo nemico è stato l’ingresso nel Governo di Marco Minniti come Ministro dell’Interno. Minniti è un ex fedelissimo di D’Alema, ora in quota bersaniana, ma anche questa di dare un contentino agli avversari è una prassi vecchissima e ormai logora (far melina). Così lo storytelling del renzismo può continuare sia pure in versione dimessa, leggermente corretta dall’incalzare degli eventi. Renzi si fa da parte e mette il suo scudiero Gentiloni Paolo, fa finta di aver accettato la sconfitta al referendum del 4 dicembre ma lavora sottobanco per punire i traditori, ostenta fair play ma cova rancore e vendetta e aspetta il momento opportuno per attuarla. Gentiloni ha rivendicato, nel suo discorso di insediamento, quanto di buono è stato fatto dal governo Renzi e ha affermato che vi è continuità nella discontinuità con chi l’ha preceduto ( “le convergenze parallele” ogni tanto tornano nelle fumose alchimie verbali dei politici di oggi). E ’ come se il governo Gentiloni fosse lo spin off della serie madre, ammannito ai telespettatori in attesa che l’ “House of cards” renziano riprenda con nuove puntate. Dunque, tornando ai tormenti del giovane Matteo, l’ex Premier ha deciso di rilanciare. Ha nominato (sì, lo so, le nomine le fa il Presidente della Repubblica) il suo Ministro degli Esteri nuovo Presidente del Consiglio e riconfermato i suoi boys e le sue girls. Sic stantibus rebus, nessuna tensione al passaggio delle consegne fra vecchio e nuovo Premier; anzi, la campanellina che l’ex Primo Ministro Enrico Letta aveva fatto rintoccare a lutto (ricordate il gelo di Letta defenestrato dalla canaglia Renzi dopo mitico tweet “Enricostaisereno”?), quella stessa campanellina ora Renzi ha fatto dindondare a festa. Infatti, mentre “Allegria” Letta gli era stato sempre indigesto, Gentiloni è un parto della sua diabolica fantasia, una sua ipostasi, ed è chiaro che “Nightmare” Matteo giubilasse nel passargli le consegne, già pregustando il momento in cui sarà di nuovo Paolo gentleman a restituirgliele.

Molte le grane per il governo Gentiloni, a iniziare da Monte dei Paschi. E poi l’inchiesta Consip, che lambisce il Giglio Magico, se porterà a risultati degni di nota, avrà certamente delle ripercussioni sul Governo nel momento in cui uno dei suoi uomini più rappresentativi, il Ministro Lotti, dovesse risultare coinvolto. E poi la minaccia del terrorismo internazionale, con quella spada di Damocle di attentati dell’Isis che pende sulla nostra testa; il problema immigrazione; quello della mancanza di lavoro e dell’enorme crescita di povertà e disoccupazione. Queste, solo le emergenze. E poi ci sono i tanti problemi ormai cronici del Paese ma non per questo da sottovalutare. E poi il fiato del manovratore Renzi sul collo per Gentiloni non deve essere proprio un bel venticello. Il manovrato infatti sa che Renzi, alla sua prima mossa sbagliata, è pronto a staccargli la spina. E poi, e poi, e poi… sono tanti i problemi sul tappeto e numerose le incognite per il governo di Paolo gentleman. Riuscirà il felpato Gentile a mantenersi in equilibrio fra chi lo tira da una parte e chi dall’altra? Conserverà il suo proverbiale aplomb da romano sornione e scafato anche in mezzo alle tensioni contrapposte?

E Mentre il Premier Gentiloni teneva il discorso inaugurale davanti al Parlamento presentando il suo governo modello Giuditta, il giovane Matteo faceva sapere da Pontassieve che lui è ancora della partita, che non molla ma anzi rilancia. Appena qualche giorno di relax per ritemprarsi dalle fatiche governative al calore degli affetti famigliari e fra le nevi dell’Alto Adige, e poi sarebbe ritornato alla carica, pronto a calare di nuovo su Roma e ristabilire il proprio potere, riverniciare la propria immagine offuscata dalla disfatta elettorale. Renzi infatti è determinato a guidare il Pd fino alla delicata fase del nuovo congresso, senza rassegnare le dimissioni prima, ma presentandosi da segretario in carica.  E così anche per quanto riguarda il governo, il tempo di varare la nuova legge elettorale, dopo il parere della Consulta, e la breve traversata nel deserto del Matteo primo terminerà e inizierà la fulgida fase del Matteo secondo (Vangelo). Così il gentile Gentiloni potrà tirare un sospiro di sollievo e prendere congedo da un incarico per lui francamente pesante, ché quella del Premier è una fatica immane, una patata troppo bollente per Paolo il freddo.

E la nottata non passa mai.