di Paolo Vincenti –

Fake news. Non c’è un antidoto alle fake news che non sia la corretta informazione; la resistenza alle bufale on line passa attraverso la verifica delle fonti, l’attenta analisi basata su serietà e competenza degli organi di informazione.  Poi, le bufale sono sempre esistite. E lo ribadisce lo stesso Pontefice, Francesco I, parlando dell’“astuto serpente” che ingannò Adamo ed Eva.  Nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, pubblicato in occasione della memoria liturgica di San Francesco di Sales (protettore dei giornalisti), Papa Bergoglio riprende appunto la strategia del serpente astuto riferendosi al Libro della Genesi (Gen. 3,1 – 15): “Miglior antidoto contro la falsità sono le persone che attraverso l’ascolto e la fatica del dialogo vero fanno emergere la verità. Occorre un giornalismo di persone con le persone, impegnato, che dia voce a chi non l’ha, che cerchi le cause reali dei conflitti”. Oggi è un dilagare di notizie false e tendenziose a causa del social network che propala disinformazione in maniera incontrollata. La storia è piena di fake news, come sostiene il giornale “Avvenire”, del 25 gennaio 2018, “Da Costantino al pianeta web. Quando l’informazione è falsa”, facendo una lunga carrellata di falsi storici e proponendo una strategia di evitamento dell’odio e della disinformazione che generano le falsificazioni. Certo, non è sempre facile, se si pensa che lo stesso Don Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione Vaticana, che dice “cercare e diffondere la verità senza arrendersi” su “Avvenire” 25 gennaio 2018, si è dovuto dimettere per avere costruito un falso omettendo un passaggio della lettera di Papa Ratzinger indirizzata a Papa Bergoglio in occasione dei cinque anni del suo pontificato. Difficile per molta gente riuscire a districarsi, specie per chi ha un grado di scolarizzazione più basso, la dinamica del male che porta alle bufale è sottile, ma ci si può difendere, verificando sempre le fonti da cui provengono le notizie e cecando di evitare i social e affidandosi a siti e testate giornalistiche ufficiali. E poi un aiutino dall’alto, San Francesco di Sales non ce lo farà mancare.

Ferrara, l’uomo dai mille volti. Giuliano Ferrara è ormai convintamente renziano. Le “Metamorfosi” di Ovidio applicate alla politica, passando per “Il caimano” ed Emilio Solfrizzi -Lino Linguetta. Giuliano Ferrara è uno che è passato dalle lotte comuniste di gioventù al berlusconismo più duro e puro (quello dei cosiddetti falchi), dalla militanza nel Psi di Bettino Craxi a quella in Forza Italia, divenendo addirittura Ministro per i Rapporti col Parlamento nel primo Governo Berlusconi (1994). Più volte parlamentare, è uno dei più noti giornalisti italiani. È stato un formidabile anchor man televisivo, ha inventato, con la trasmissione “Il testimone”, il genere dell’infoteinment, alcune sue trasmissioni (come “Radio Londra”, “L’istruttoria”, “Otto e mezzo”) fanno parte della storia della televisione italiana. È passato dalla battaglia per la grazia ad Adriano Sofri, leader di Lotta Continua, alla battaglia sulla difesa della vita contro l’aborto. Da comunista figlio di comunisti, a difensore della Chiesa cattolica, contro l’estremismo islamico, contro i matrimoni gay e a difesa delle radici cristiane dell’Europa. Dunque, dalle posizioni di totale laicismo degli inizi, alla posizione del più smaccato conservatorismo di oggi. Questo, per dire che certo Ferrara non ha fatto della coerenza il proprio vessillo. Ma tant’è. È tipico delle grandi personalità (in questo molto novecentesco) contraddirsi, cambiare idea, spesso anche con incredibili piroette, cioè nella maniera più plateale e marchiana. Il massimo è che Ferrara continua a professarsi ateo (un “ateo devoto” lo ha definito Eugenio Scalfari), dunque vicino alle posizioni della chiesa per motivazioni di carattere ideologico e filosofico, niente affatto spirituali. E le contraddizioni continuano. Attraverso “Il Foglio”, giornale da lui fondato, ha portato avanti molte battaglie che hanno incontrato l’ostilità dei suoi colleghi-avversari politici e l’indifferenza degli elettori-lettori. Scrive Antonello Piroso, su “La Verità” del 2 marzo 2018, “Prima comunista, poi craxiano. Papista ratzingeriano ma non credente, bushiano ma non trumpiano. Renziano entusiasta ma, da antiabortista, al Senato voterà la Bonino. Protagonista di liti epiche, ammise un passato da informatore della Cia.” Infatti Ferrara ha fatto l’ennesima piroetta. Era ritornato vicino a Forza Italia. Dalle pagine di “Panorama”(22 giugno 2016),  faceva una disamina della situazione attuale del centro destra in Italia e affermava che bisogna ripartire proprio dal Cavaliere Berlusconi. Bisognava ricreare le condizioni che vi furono nel 1994, cioè di quella grande rivoluzione liberale che, se non è più ripetibile tel quel, nella forma, nei modi di allora, deve essere però almeno fonte di ispirazione per i partiti moderati di centro destra e che riconosca in Berlusconi il suo padre nobile. Toh, nel giro di pochi mesi, è passato al Pd, professandosi convinto renziano, proprio nell’ora del suo tramonto. E alle recenti politiche ha votato per il Pd e per Più Europa.  “La nemesi è completa”, scrive ancora Piroso, “La preferenza alla radicale pro aborto a 10 anni di distanza dalle elezioni del 2008 cui Ferrara partecipò con la sua lista prolife contro l’aborto e rimediò uno 0,4%. Più che una sconfitta, una catastrofe”. Ora Giuliano, che nel frattempo ha lasciato la direzione del Foglio al giovane Claudio Cerasa, continua a fare il maitre a penser della sconfitta.  Infatti sappiamo che fine ha fatto il Pd renziano a queste elezioni. Ma Ferrara è uomo di grandi slanci, furiose invettive, per lui il giornalismo è e deve essere fazioso, pervicacemente di parte. Gli va dato atto di avere quello che si dice il coraggio delle idee. Ma le sue folgorazioni sulla via di Damasco sono pari alle sue scazzate e le sue trasformazioni alle sue cantonate.

W la Iavarone! Ma per non cadere nell’accusa di disfattismo o peggio di “gufismo”, per usare un termine del vocabolario renziano, in questa teoria di danni e guasti e personaggi da avanspettacolo che vo inanellando nei miei pezzi,  faccio finta di essere ottimista per poche battute e cito un esempio edificante, o almeno non così negativo. Ecco, allora, un plauso per Maria Luisa Iavarone, professoressa di Pedagogia all’Università di Napoli, madre del giovane Arturo, massacrato dalle baby gang prima di Natale, a Napoli, nella centrale via Foria. In seguito alla triste vicenda, è stata spesso ospite nelle trasmissioni tv dove ha dimostrato grande competenza e, secondo me, anche che la categoria della mamma, se associata a garbo e intelligenza, può uscire fuori bene anche dai programmi più insulsi nei quali la Iavarone è stata invitata. Ha scritto un interessante articolo sul “Mattino” di Napoli. Adesso per fortuna Arturo si sta riprendendo e la dinamica professoressa porta avanti la sua battaglia contro bullismo e disagio giovanile in tutte le sedi. Io, che sono prevenuto, avrei giurato che la Iavarone stesse cercando una ribalta. Invece sono stato smentito. Sollecitata a candidarsi alle elezioni politiche ( i partiti potevano farsi sfuggire un così appetitoso bocconcino?), ha rifiutato. Brava (e bella) la signora Iavarone!

Paolo Vincenti