LE METAMORFOSI DI EMILIO FIDO (L’osceno del villaggio)
di Paolo Vincenti – Emilio Fede da alcuni anni ha lasciato la televisione per disdetta di chi, come me, si sollazzava ad ascoltare il video giornalista nelle sue farneticazioni quotidiane ammannite al divertito pubblico di Rete 4. Ormai il Tg4, a conduzione Mario Giordano, è diventato un banale e ordinario telegiornale, senza la verve comica del sulfureo Emilio. Anche perché lo scalmanato Giordano (novello Farinelli), che offre siparietti comici a volte degni del peggior Fede, stranamente non si esibisce sui suoi stessi schermi ma va a sfogare la propria incontinenza nelle trasmissioni degli altri. Infatti, il direttore dalla insopportabile voce bianca è fra i più assidui frequentatori dei salotti televisivi e fra i più gettonati professionisti della rissa quando si tratta di buttarla in caciara. Il povero Emilio Fido, invece, è ormai diventato l’ombra di sé stesso; chi lo ha visto in qualcuna delle sue rare apparizioni tv ha constatato che la demenza senile, di cui era già preda quando appariva in video, insieme alla scorpacciata di pastiglie azzurre fatta negli ultimi anni, gli hanno fottuto quello che restava del suo labile cervello. Il Tg4 a conduzione Fede era un toccasana per chi aveva avuto una giornata pesante e poteva così rilassarsi scompisciandosi davanti alle comiche intemerate del direttore, perché sappiamo quanto sia terapeutico il valore della risata. Per altro, dal punto di vista giornalistico, la sua era una funzione didattica al contrario, nel senso che il buon giornalista poteva guardare lui per sapere cosa fare, cioè l’opposto. Un modello di riferimento in negativo, quanto a personalismo, sciatteria, faziosità, irascibilità, e chi più ne ha più ne metta. Ma il fido Fede ormai non prega più davanti alla statua a grandezza naturale del Cavalier B.. Anche perché è stato proprio Berlusconi, dopo una vita intera di amicizia e collaborazione, a liquidare il servile dipendente. E questo ha scatenato nel fido scudiero sentimenti tutt’altro che pacifici. Il leccaculo, accecato dal tradimento di chi considerava un’icona, un mito, un santo protettore, ha cercato di rivalersi sulla dirigenza di Rete 4 in maniera proditoria e si è macchiato di tentata estorsione, questa è l’accusa, nei confronti del direttore dell’informazione Mauro Crippa, del Presidente Fedele Confalonieri e dello stesso patron Berlusconi. Il fido Fede cioè avrebbe truccato delle foto rendendole compromettenti ed usandole come arma di ricatto per essere ristabilito nella sua posizione di direttore o, in alternativa, ottenere ben 820.000 euro di buonuscita e un contratto di collaboratore esterno da 70.000 euro l’anno per tre anni. Accipicchia! Coraggioso, il buon Fede! Sperava così di far addivenire la dirigenza di Mediaset a più miti consigli per potere lui, sebbene ormai rincitrullito, continuare a sedere sulla poltrona di direttore con la sua maschera di botox e i suoi capelli all’anilina. Egli è già imputato in concorso in bancarotta per un prestito ricevuto da Lele Mora e nel caso “Ruby bis”. Così, l’ex anchor man ha rivelato un aspetto della personalità che fino ad ora era venuto fuori solo quando si scagliava con furore contro gli avversari politici nei cazziatoni di cui faceva oggetto i suoi ospiti, specie i “maledetti comunisti” quand’essi attaccassero il suo Mecenate. Per difendere il suo padrone, infatti, Emilio avrebbe dato la vita, gli avrebbe fatto scudo col suo corpo, era disposto a tutto per tenere lontano il suo venerato signore dalle contumelie dei nemici. Poi, l’idillio si è rotto e dopo più di vent’anni di collaborazione, Fede, già nella bufera giudiziaria per avere sempre assecondato vizi e maialate del suo leader incontrastato, si è visto strappare il contratto. Apriti cielo! Il Pastor Fido si è trasformato nel delinquente violento e ricattatore per il quale la Procura ha chiesto 4 anni e 9 mesi di reclusione. Dalle depravate serate berlusconiane in compagnia delle porcelline dell’Olgiata, alle quattro sbarre della galera. “Miserie e splendori delle cortigiane”, per dirla con Balzac, dato il clima da fine della monarchia che si respirava ormai nella corte di Arcore. A questa prospettiva, il mite Emilio non ci ha visto più ed è diventato una belva. Insomma, da fido a rottweiler.
Paolo Vincenti
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