Strade Negre, la “maschera” dell’autore (attore) e la brutale vita
di Andrea Cariglia – “Strade Negre” di Davide Morgagni [romanzo pubblicato da Musicaos] è un fattaccio letterario – e ce ne sono stati tanti nella storia della letteratura moderna! – che per sua stessa natura si pone come questione metaletteraria: alla di cui disanima evidentemente non può essere sufficiente lo spazio di una breve recensione. Tuttavia una semplice recensione può esser sufficiente per seminare nella nostra mente domande e suggerimenti che possano tenere viva la querelle sulla questione della lingua, sulla questione dei cosiddetti valori letterari, e non ultimo l’unità o no di etica ed estetica.
Lasciatemi dire che un romanzo che ponga alla mente tali questioni può subito essere considerato un romanzo di valore. E con ciò posso dire di aver detto la mia su uno dei tre punti presi in considerazione. Un romanziere di valore quantomeno deve tenere di conto tutta la letteratura precedente le sue iniziative, i dibattiti degli intellettuali, dei ricercatori, accademici e dare ampia prova che accantonare certi rituali è solo un fatto dovuto.
Non si esce dal cerchio della realtà! Invece si continua ad immaginare cose che non esistono. L’immaginazione è una peste! Mi capita raramente di recensire un romanzo o una raccolta di poesie – soprattutto in ambito accademico – sebbene la critica pratica della letteratura sia stata una delle discipline che hanno catturato maggiormente il mio interesse. Mi sono chiesto spesso perché. E oggi posso rispondere facilmente: mi ha sempre annoiato e confuso ogni semplificazione immaginifica ogni facile chiacchera teoretica. Bello brutto coerente ordinato proporzionato best seller rimarrà alla storia commovente; se un romanzo non arriva al dunque nel tempo giusto del climax non funzionerà, ho sentito dire! Siamo pazzi! Oggi credo sia bastevole rispondere a poche domande (che sarebbero quelle poco sopra poste) per poter giudicare il valore di un autore nostro contemporaneo.
È mai credibile una letteratura che usi la stessa lingua strumentale che noi si usa tutti i giorni a scuola dal fruttivendolo o dal venditore di lavatrici? : – ecco le sue mele,- ecco le sue cinque euro signora cara! Questo non può essere! Una lingua espressiva resta ancora l’unica possibilità accettabile per uno scrittore di valore. Essaè più vicina alla realtà di qualunque altra lingua regolamentata. Anzi, dico proprio che ogni lingua appiattendosi e fissandosi in schemi perde la sua realtà. Ogni regola è una immaginazione! Esse, le regole, dimostrano che ognuno ha giudicato secondo la disposizione del proprio cervello.Davide Morgagni evidentemente ben cosciente dell’infrequentabilità della lingua strumentale – della lingua d’uso diciamo – ha fatto una scelta di valori. Ma questo è un dibattito che va avanti da tempo mi direte. Allora ditemi voi perché invece – pur trovandoci tutti d’accordo – va avanti solo la narrativa.
A questo punto io traggo la mia personale conclusione: la scelta di un linguaggio – evidentemente pensato a tavolino – comporta una conoscenza profonda del mondo letterario e linguistico nel quale si vive. Tutto ciò pregiudica il bilanciamento di forma e contenuto: etica ed estetica vengono a coincidere, in maniera fin troppo evidente. Lo dico in maniera ancora più chiara: il linguaggio ci caratterizza in quanto esseri umani e la sua apertura o chiusura in termini di espressività in quanto esseri umani liberi. In letteratura porre l’attenzione sul linguaggio significa dedicare ogni attenzione all’essere umano, al suo mondo, ai suoi sentimenti e a tutto ciò che c’è di più vero.
L’unità formale e contenutistica, l’espressività linguistica sono i veri valori letterari per cui mi sento di suggerire la lettura di “Strade Negre”. Ma non credo che il mio invito sarà accolto, anzi ritengo che questo romanzo non verrà letto che da pochi intimi dello scrittore per almeno il decennio a venire. E forse essi lo leggeranno in quanto amici e non lo apprezzeranno in quanto lettori.
Cosicché ve lo racconterò io in poche parole. Permettendomi di essere comico come lo è stato lui – se ci riuscirò aihmè – lì dove a lui non è valso granchè.
“Strade Negre” racconta di un tale che assolutamente non vuole che gliene vada bene una: in primis la sua mente è ordinata in maniera per cui non potendosi piegare alla legge del salario lo mette in condizione di isolamento totale, 2) non proprio che vivacchi: ma insomma passa il tempo sognando spiagge tropicali e fanciulle in fiore; dulcis in fundo ha tanti problemi fisici per ogni sigaretta che mette in bocca.
Ecco che comunque non volendo dare un completo dispiacere ai suoi, ma anche per una certo masochismo cerca di forzare la sua indole.
La sua attività principale dunque risulterà essere quella di spulciare le inserzioni nella pagina delle offerte di lavoro, sognando le occupazioni più umili (ma almeno che siano al tropico!) inorridendo di fronte gli orrori raccontati dai giornali, gli orrori ambulanti e gli orrori eternati nella maleodorante massa mendicante di corpi che affollano la capitale. Insomma se egli non avesse tanto di quel senso dell’umorismo che invece ha ci sarebbe proprio da spararsi alle cervella. Ma non lo fa!Decide invece di diventare un grande scrittore. Le carte in regola le ha, però è troppo di sani principi e in più gli piacciono troppo le donne (anzi le fanciulle), il che comporta due coppie di problemi; una coppia la citerò l’altra no (perché un bravo scrittore non dice sempre tutto): 1) non volendosi mischiare con gli altri scrittori e artisti (che reputa dei vili e dei patacca) resta – in realtà praticamente non cambia condizione – resta isolato come il cervo bianco – anche se lui lo percepisce come un esilio dorato – ; 2) per correre dietro le gonnelle delle fanciulle si ammala e passa settimane inabile nelle corsie degli ospedali. Chi lo potrà mai tirare fuori da questo abisso? Forse tornare all’immobile paese natale, al sacrosanto domicilio della pace dei sensi? O raggiungere il suo unico amico nella Parigi funambolica delle boulevard? Tenterà entrambe le strade.
Concludo: Davide Morgagni è una specie di Totò divertentissimo, ma anche molto triste (proprio come tutte le maschere, proprio come Totò) perché tutto ciò che racconta ha l’aspetto brutale della nostra realtà. La morale di questo libro infatti è: ogni scrittore (e intendo ogni vero scrittore) scrive per uscire dalle sue strade negre ma dalle strade negre non riesce a uscire perché ciò che ha scritto è troppo schietto e duro perché qualcuno voglia ascoltarlo.
Andrea Cariglia – 31 agosto 2017
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