Per un’altra eternità
di Antonio Stanca –
Non solo sui giornali minori ma anche sui maggiori, sui quotidiani nazionali, lo spazio, le pagine riservate alla cultura sono ormai da tempo occupate da interventi relativi a spettacoli teatrali, cinematografici, musicali, a mostre pittoriche, a rivisitazioni di momenti di storia passata, a rivalutazioni di resti archeologici e ad altri aspetti di una cultura che sempre meno si riconosce nella produzione letteraria, nelle opere di scrittori, di poeti. Anche in televisione si dice poco di questi autori, delle loro opere e molto dei libri scritti da personaggi del momento, giornalisti, sportivi, politici ma non scrittori. Soltanto quando ricorrono importanti premiazioni, compresa quella del Nobel, ci si accorge che ancora ci sono riconoscimenti per chi scrive di letteratura, che ancora ci sono autori di letteratura. Di questi, però, generalmente non si sa, non si parla. A provocare il fenomeno è stata anche la crisi della lettura, la preferenza decisamente accordata dal pubblico dei tempi moderni a manifestazioni, espressioni culturali che possono essere seguite con facilità, che passano per artistiche e che sono spesso di carattere visivo o sonoro. La lettura è stata in gran parte, presso larghe fasce del pubblico, sostituita dalla visione, dall’ascolto e di conseguenza l’interesse per la scrittura e perchi ne è autore si è andato sempre più riducendo. Il problema non poteva non riflettersi nei mezzi di comunicazione di massa che al pubblico si rivolgono.
Sempre più ignorati sono usciti da questa situazione quegli autori che come gli scrittori, i poeti hanno bisogno di scrivere per esprimersi, che altro modo non pensano di poter usare. Anche isolati sono rimasti sia dal contesto sia tra loro. Ognuno opera per proprio conto giacché manca un movimento, una corrente alla quale, come nei tempi passati, sia possibile ricondurli, nella quale rientrino artisti di luoghi diversi, lontani ma delle stesse tendenze. Oggi ogni scrittore, ogni poeta è un caso a sé, i tempi, i luoghi, i temi della sua opera sono soltanto suoi.
Sta pure succedendo che gli scrittori più giovani, i “nuovi”, accettino di svolgere attività giornalistica, editoriale o altra. Lo fanno per evitare di rimanere isolati, per rendersi visibili, per non essere esclusi dal grosso movimento che si è creato e che procede ormai senza distinguere tra tipi di scrittura, tra scrittore e giornalista o scenografo o regista, tra arte e fotografia, tra artista e personaggio pubblico.
C’è ancora, però, e non solo tra gli scrittori, chi non ha accettato questi compromessi, chi è rimasto a cercare l’arte in quella dimensione che supera la contingenza e vale per tutti, per sempre. Non è facile continuare a credere l’arte possibile come trascendenza, come idea, identificarla con l’eternità, fare di questa una regola inalterabile mentre nel mondo corre un’immanenza che ha appena il tempo di comparire ed è finita, è cambiata, è sostituita. Gli artisti che ancora lo credono saranno gli ultimi rappresentanti di un’eredità durata secoli, di un tempo che nonostante tutto è giunto fino a noi. Dopo di loro in altri modi, con altri mezzi, con altre opere si penserà di valere per sempre. Cambierà il concetto di eternità, non di tipo ideale sarà ma del tipo che i nuovi tempi vorranno, del tipo richiesto dalla nuova umanità.
Antonio Stanca
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