Michela Murgia in una Sardegna unica e multipla
di Antonio Stanca
L’opera è di genere documentario come altre di Michela Murgia che le ha alternate con quelle di genere narrativo. S’intitola Viaggio in Sardegna (Undici percorsi nell’isola che non si vede) ed è stata recentemente ristampata per conto della casa editrice Einaudi di Torino, nella serie “Super ET”, (pp.184, €12,00).
La Murgia ha quarantacinque anni, è nata nel 1972 a Cabras, in provincia di Oristano, e dopo gli studi superiori si è applicata in diverse direzioni. Si è spostata in continuazione per svolgere attività di animazione culturale, per impegnarsi in operazioni di recupero e rivalutazione di aree geografiche rimaste ignorate, per sostenere, tramite la partecipazione a gruppi politici, l’eterno ideale dell’indipendenza della Sardegna. Quello della sua Sardegna, della storia, della vita, di tutto quanto ha fatto e fa parte dell’isola, è il motivo che ricorre nelle opere della Murgia siano di documentazione o di narrativa, romanzi e racconti. Numerosi sono i riconoscimenti che le hanno procurato. Nel 2009 il romanzo Accabadora vinse il Premio Dessì e nel 2010 il Premio Campiello. Suoi racconti sono stati inseriti in note antologie ed hanno avuto traduzione in lingue straniere.
In Viaggio in Sardegna la Murgia immagina di compiere “undici percorsi” nell’isola e che questi le permettano di vedere, conoscere, illustrare ogni sua parte, di dire quanto è proprio di questa, quanto è servito a determinarla, specificarla dal passato più remoto al presente più prossimo. E’ un lavoro di scoperta, di rivelazione quello che la scrittrice compie, un lavoro che fa sapere tutto di ogni zona della Sardegna, di una regione italiana, cioè, che rispetto alle altre ha avuto una storia propria anche se non unica. Diversi sono stati i popoli che nel passato hanno invaso l’isola, diversi gli avvenimenti, i sistemi di governo che si sono succeduti, diverse le condizioni sociali, civili, economiche, religiose che si sono create, diversi i tempi che sono durate e i segni, le tracce che hanno lasciato.
La storia, la vita delle zone costiere non sono state come quelle dell’entroterra perché altre sono state le dominazioni, le situazioni, le leggi, le religioni, le culture, le civiltà che si sono verificate. Un immenso, infinito panorama è quello che la Murgia riesce a far emergere in quest’opera e lo propone al lettore come se si trattasse di tante, tantissime favole.
Una Sardegna vasta, varia, divisa nelle sue parti, nei loro tempi, nei loro territori, nelle loro genti, nelle loro tradizioni, nei loro usi, costumi, miti, riti, misteri, credenze, leggende, ma anche una Sardegna unita è quella della Murgia di quest’opera, una Sardegna capace di essere uguale, di ritrovarsi in elementi, caratteri, principi comuni. Ovunque in Sardegna è, infatti, diffuso il sentimento, il pensierodi appartenere ad una terra diversa da ogni altra, ad una terra particolare, della quale si è saputo e si continua a sapere soprattutto tramite quella trasmissione orale che ha attraversato i secoli, ha resistito a tante difficoltà ed è giunta fino a noi.
Sono connotati questi dell’intera Sardegna, sono note distintive di tutta la regione ed altre ce ne sono. Alcune sono rimaste intatte, invariate rispetto a quel lontano passato dal quale provengono: sono il concetto di proprietà che presso il popolo sardo non è stato mai inteso in senso individuale ma collettivo come pure viene inteso il potere da parte di chi lo detiene.
Altri caratteri comuni a tutto il popolo sardo in qualunque parte dell’isola si trovi sono la disponibilità ad accogliere, ospitare gli estranei, il dovere di essere buoni, generosi nei loro riguardi, il mancato senso del tempo come libero da impegni, come vacanza, la difficoltà di distinguere tra la religione, la medicina e la fattura, la convinzione di vivere in una situazione di spiritualità diffusa, estesa ad ogni aspetto della vita compreso quello animale, vegetale ed ogni altro, l’idea della funzione importante, determinante che ha la donna per la casa, la famiglia, la società visto che l’uomo è costretto dal suo lavoro, generalmente pastorizia, a rimanere lontano per lunghi periodi di tempo.
Sono tutti elementi, aspetti di un tipo di vita, di società che è rimasto unico. E’ questa la maggiore meraviglia che la Murgia fa risaltare con il lavoro svolto nel libro: unica è la Sardegna nonostante sia stata e sia ancora multipla. La spiegazione del fenomeno va cercata nelle condizioni di vita del popolo sardo rimasto fino a tempi recenti lontano, fuori dalla storia e, quindi, povero, arretrato, restìo ad associarsi, consorziarsi, e come tutti i poveri e gli isolati incline a riconoscersi, a continuare in quelle regole che erano proprie della sua terra, che ne avevano sempre fatto parte, che ne costituivano il fondamento.
Per essere così formati non serve la storia ma soltanto la vita e quella dei sardi è la prova più autentica dal momento che pur tra tanta e diversa storia uguale è sempre rimasta.
Antonio Stanca
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