Taormina e dintorni, nei ricordi del fu bancario Rocco
di Rocco Boccadamo – Nei giorni scorsi, al pari di decine di milioni di telespettatori, non soltanto italiani bensì del mondo intero, ho avuto agio di assistere alle diffuse serie di servizi e riprese da Taormina, in correlazione con lo svolgimento del forum del G7, quest’anno, com’è noto, organizzato e ospitato dal nostro Governo.
Per consolidata e costante impostazione, cerco, abitualmente, d’interessarmi e darmi cura, beninteso in maniera distaccata, da cittadino semplice e tuttavia responsabile, delle vicende politiche, economiche, finanziarie e sociali che caratterizzano i tempi e il barometro indicatore dei rapporti fra Paesi, nella vigente era della globalizzazione.
E, però, all’atto della specifica circostanza accennata in apertura, devo dire che, mentre scorrevano innanzi agli occhi le sequenze della famosa e bellissima località, nel mio personale sentire interiore, ha prevalso, ben oltre la portata dei temi trattati e la stessa visione dei leader mondiali con rispettivi accompagnatori e delegazioni, un effetto meramente e profondamente emozionante, scaturito, credo, dalla lunga diretta esperienza, consuetudine e prossimità materiale a quel posto e alla contermine area, in particolar modo costiera, della Sicilia orientale.
E, d’altronde, non avrei potuto registrare una reazione emotiva differente, giacché, in stagioni lontane a lungo protrattesi, ho vissuto sulla pelle, nel sangue e nell’anima, financo con coinvolgimenti famigliari, esperienze di contatti, conoscenze, eventi variegati, con i luoghi e siti di che trattasi, l’ambiente d’insieme e, soprattutto, le meraviglie naturali ivi affacciantesi, dispiegate o racchiuse.
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Il battesimo di primo abbraccio e consuetudine con detta fiancata della splendida Trinacria è datato, si pensi un po’, 1964, in cadenza con il mio matrimonio e il parallelo lunghissimo viaggio in treno, che, per una precisa scelta, comprendeva esattamente Messina e il tratto costiero ionico, sino a quasi l’estremo sud dell’Isola, ossia a dire Siracusa.
Nella città peloritana, scesi, con mia moglie, all’ Hotel “Reale”, che, poi, avrebbe mutato la denominazione in “Royal Hotel”, di Via Tommaso Cannizzaro, nei pressi della stazione FF.SS., una sistemazione che, senza ovviamente poter all’epoca prevederlo, in una fase temporale successiva, sarebbe divenuta ripetutamente il mio punto d’appoggio fisso, una vera e propria seconda casa.
Bello, solare, luminoso, di semplice e intenso fascino, il capoluogo in quell’iniziale approccio, mi vengono in mente addirittura i piccoli, anzi poveri, acquisti dei due giovanissimi sposi in un paio di negozi sul vicino Viale S. Martino.
Egualmente splendida, e in certo qual modo ammaliante, sullo sfondo dei binari, la successiva rassegna della costa, specialmente nel tratto da Messina a Taormina, con la chicca di una sia pur breve sosta nella Perla ionica per eccellenza, da restare a bocca aperta.
A valle dell’entusiasmo matrimoniale, come supporre che, a distanza di appena due anni, per la coppia non più sola ma arricchita dal primogenito Pier Paolo arrivato nel frattempo, ci sarebbe stato il ritorno stabile, almeno per un certo lasso, a Messina, per via dell’impiego lavorativo in banca?
Sta di fatto che, dopo un’imprescindibile parentesi occorsa per cercare casa e preparare il trasloco (nelle more, da parte mia, usufruendo della squisita e fraterna ospitalità dell’amico e collega coetaneo Cesare e, vie più da riconoscere, delle premure della sua mamma, la cara e dolce signora Elena), verso fine aprile 1966, una sgangherata Fiat 600 di seconda mano del bancario Rocco, guidatore, con, a bordo, moglie, suocera, il piccolo Pier Paolo e qualche borsa o valigetta con lo stretto necessario per ogni evenienza, si mise a percorrere la S.S. 106 ionica, da Taranto verso Messina.
Era ancora buio alla partenza, intorno a metà pomeriggio il guadagno della destinazione finale, con due/tre soste per la pappa al bimbo e anche per rimboccare l’acqua nel radiatore dell’autovettura, liquido che, purtroppo, ogni tanto andava in ebollizione ed evaporava.
Il nucleo famigliare di provenienza salentina, grazie anche, verosimilmente, alle giovani e/o giovanissime primavere dei membri, non tardò ad ambientarsi e a vivere serenamente e, in fondo, piacevolmente, nella nuova residenza.
Fondamentali, a tal fine, si rivelarono la vicinanza e l’affetto dei proprietari di casa, che abitavano accanto all’appartamento dato in affitto a noi, il signor Rosario Parisi, la signora Melina e i figli Nino, Graziella e Gianni, tutti legatissimi, in particolare, a Pier Paolo.
Al compimento dei suoi ventun anni, correva il 1968, Graziella ricevette dai genitori il consenso per la prima vacanza a notevole distanza da casa, da trascorrere insieme con noi Boccadamo. Così, da Messina, anche in questo caso per mezzo della strada ferrata, raggiungemmo e conoscemmo Sappada di Cadore.
E’ passato ben mezzo secolo, e tuttavia, saltuariamente, seguitiamo a sentirci con la suddetta cara amica, una volta venuta e ospitata nella nostra natia Marittima. Pochi anni fa, l’abbiamo rivista, in occasione del matrimonio di un suo figliolo.
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Ogni domenica mattina, io solevo condurre Pier Paolo sui Colli Peloritani, dandogli, con ciò, modo di giocare e correre nella pineta e, insieme, di respirare una salutare aria di montagna.
Un episodio che lasciò il segno sotto un duplice aspetto, accadde in una fine settimana d’agosto, caldo siciliano, con il primo viaggio in nave alle isole Eolie, esattamente a Vulcano. Impatto logistico favoloso, salvo che, a causa dell’elevatissima temperatura e, forse, dell’inesperienza dei genitori, il piccolo Pier Paolo, nel pomeriggi0, divenne improvvisamente rosso e caldissimo più delle fumarole vulcaniche di quel posto. Prendendo al volo un traghetto, dovemmo perciò precipitarci a ritornare a casa e chiedere immediatamente assistenza al pediatra; per fortuna, nel volgere di un paio di giorni, tutto si risolse bene.
Sempre durante i weekend, ci concedevamo, insieme con i giovani amici Parisi e le rispettive comitive, gite nei posti più accattivanti della zona, sia lungo il Tirreno sino a Milazzo, sia e specialmente sull’altro versante litoraneo a est. Meraviglioso e indimenticabile, un Lunedì dell’Angelo a Capo S. Alessio.
Naturalmente, non mancavano le puntate espressamente dedicate a Taormina, con la sua sottostante baia e l’Isola Bella, il Teatro Greco, il Corso e i ridenti negozietti, i panorami mozzafiato dai belvedere in corrispondenza dei grandi hotel, in direzione della costiera e dell’Etna.
Mi piace ricordare anche che, anni dopo, a Taormina, presso l’albergo “S. Domenico”, il più attraente di tutti, io e mia moglie fummo invitati a festeggiare le nozze della figlia di un nostro carissimo amico e, infine, che nel medesimo magnifico sito, ebbi l’occasione di ritornare per una cena di lavoro.
A parte le soste sulla sabbia o negli stabilimenti attrezzati sul Tirreno in prossimità dei laghi di Ganzirri, rammento i saltuari bagni, da Dio, pure nel mare attiguo all’anzidetta Isola Bella, sia da solo, sia unitamente ai miei famigliari.
Dopo i quasi quattro anni della prima stagione messinese terminata nel 1970, nel 1975 avvenne, sempre per motivi di lavoro, il ritorno per ulteriori tre anni e mezzo, con la mia famiglia nel frattempo allargatasi con Imma (nata proprio a Messina) e Daniele.
Tempi e situazioni modificate, nondimeno egualmente sereno e avvincente pure il secondo soggiorno nella città della Madonna della Lettera.
Esauritasi la mia esperienza attiva in banca, dal 1998 e sino a pochi anni addietro, ho ancora avuto ripetute opportunità di recarmi e fermarmi, uno – due giorni per volta, a Messina.
Sicché, con nuovi amici, frequente partecipazione a loro eventi, giri in città o in provincia, tanto verso Milazzo, quanto e specialmente verso Letojanni e, ovviamente, la meta eccezionale di Taormina.
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Come traspare nitidamente dalle mie narrazioni, da buon nativo pugliese di Marittima, adoro, legatissimo, le bellezze, specie il mare, e la gente del Salento.
Tuttavia, insieme con l’attrazione e l’attaccamento per i luoghi, l’ambiente e le comunità di diretta appartenenza, dentro di me, nutro un solido legame anche per la grande Isola, in special modo per i territori che mi hanno visto, nel corso di lunghi anni, lì stabilmente presente e/o, comunque, sempre visitatore estasiato e innamorato.
30 maggio 2017
Rocco Boccadamo
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