di Antonio Stanca –

Yasmina Khadra è lo pseudonimo dello scrittore algerino Mohamed Moulessehoul nato nel 1956 ed oggi sessantenne. Ha cominciato a scrivere nel 1998, quando aveva quarantadue anni ed era ufficiale dell’esercito. Primi lavori erano stati due romanzi noir, Morituri (1998) e Doppio bianco (1999). Con essi divenne inviso ai suoi superiori e per poter continuare a scrivere dovette ricorrere ad uno pseudonimo, che era il nome della moglie, abbandonare la vita militare e lasciare il suo paese per Parigi. In verità neanche qui avrebbe riscosso molta stima giacché mai completamente positivo sarebbe stato nei suoi riguardi il giudizio della classe intellettuale parigina, dei benpensanti parigini. Nonostante queste difficoltà avrebbe continuato a scrivere, avrebbe scritto molti romanzi, un autore molto noto sarebbe diventato, molto tradotto sarebbe stato. Nel 2008 il suo romanzo Quel che il giorno deve alla notte sarebbe risultato per la rivista “Lire” il migliore dell’anno e in seguito avrebbe avuto una riduzione cinematografica.

Come nelle prime opere anche nelle altre il genere preferito dallo scrittore è il poliziesco, la detective story. Tipica della sua produzione è la tendenza all’indagine, all’esame di situazioni dalle quali emerge lo stato di sospensione, di divisione tra fondamentalismo religioso e rigore politico proprio della società algerina. Contro le divisioni si muove Khadra scrittore, contro le lacerazioni, la sua scrittura è l’esempio di un umanesimo che vuole andare oltre i limiti stabiliti dalle regole, dai sistemi, raggiungere risultati che superino le differenze, le separazioni, che valgano per tutti, che facciano della vita un posto per tutti. Quanto è proprio dell’anima, quanto è richiesto dallo spirito vuole rappresentare lo scrittore algerino, in un messaggio vuole trasformare ogni suo romanzo, in un invito a cercarsi, sentirsi, conoscersi, a comporre una società senza differenze, un’umanità nella quale tutti possano ritrovarsi nei pensieri e nelle azioni.

Intenso, profondo è il messaggio che proviene dalle opere dello scrittore, di carattere religioso può essere definito, di quella religione dell’uomo, della vita nella quale solo chi aveva assistito agli orrori della guerra civile algerina poteva aspirare. Nella vita credeva Khadra, la vita voleva perché «…la più grande, la più giusta, la più nobile delle cause sulla terra è il diritto alla vita…». Di questo principio si mostrerà convinto fino alla fine dell’opera e nonostante le tante altre ragioni che gli si verranno chiarendo il protagonista de L’attentato, romanzo tra i più noti del Khadra. L’ha pubblicato nel 2005 e a Febbraio del 2016 è comparso la seconda volta in Italia per conto della casa editrice Sellerio di Palermo con la traduzione di Marco Bellini (pp.251, €14,00). Anche in Francia l’opera, appena pubblicata, ebbe successo: fu candidata al Premio Goncourt, al Premio Renaudot e al Premio dell’Académie française. In America, a Hollywood, la Focus Features incaricò il regista Ziad Douliri per una riduzione cinematografica. Ed anche se in seguito nell’ambito degli intellettuali francesi sono state avanzate delle riserve il romanzo ha continuato ad avere successo di pubblico, le sue traduzioni sono aumentate e così fino ai giorni nostri. E’ il tema originale, suggestivo del rapporto, del confronto tra la vita e la morte, è il problema del loro significato, del loro valore, è il giudizio sulla loro importanza ad attirare l’interesse dei lettori, a farli innamorare delle vicende rappresentate, a fare dell’opera un caso letterario.

Il suo protagonista, il dottor Amin Jaafari, è un noto chirurgo dell’ospedale di Tel Aviv. Di origine arabe, naturalizzato israeliano, è riuscito a realizzare il suo sogno, quello di diventare medico pur provenendo da una famiglia povera. Si è sacrificato, ha sopportato disagi ma ora è uno dei più stimati chirurghi di Tel Aviv. Ha vinto sulle tante difficoltà del suo cammino, ha vinto sulla povertà, sulla miseria, sulla malattia, sulla morte, che erano proprie dei suoi luoghi d’origine, ha vinto come uomo ed ora vuole farlo come chirurgo, vuole sottrarre alla morte, restituire alla vita quante più persone possibili tramite il tavolo operatorio e tante volte ci è riuscito. Anche sua moglie,Sihem, ha origini arabe, ed è molto ammirata per la bellezza e perché sua moglie. Insieme sono passati dalle modeste condizioni dei primi anni di matrimonio a quelle agiate di adesso, dall’umile casa degli inizi a un lussuoso appartamento in un quartiere residenziale di Tel Aviv. Tutto è a loro favore, sono conosciuti, apprezzati, ammirati, frequentano case, famiglie, persone tra le più importanti della città.

Gli anni sono gli ultimi del secolo scorso quando il conflitto tra stati arabi e Israele si era ridotto alla questione palestinese e i luoghi santi erano esposti a rivalità, odi, scontri di ogni genere tra palestinesi ed ebrei. In questaatmosfera avviene che un attentato suicida nei pressi dell’Ospedale di Amin provochi dei morti e molti feriti in soccorso dei quali è chiamato insieme ad altri medici. Le indagini della polizia scopriranno che a farsi esplodere carica di materiale esplosivo e a provocare la morte propria, di altre persone e tanti feriti è stata la moglie di Amin,Sihem. Anche Amin sarà arrestato poiché sospettato di complicità mentre per lui è una gravissima sorpresa, un terribile mistero, che non riesce a capire. Non riesce a capire perché, come sua moglie sia giunta a compiere un simile gesto e una volta rilasciato inizierà per proprio conto delle indagini dal momento che ossessionato, torturato sarà dal pensiero che Sihemera diventata una terrorista, un’attentatrice. Verrà a conoscenza di quanto non aveva mai saputo e neanche sospettato, cioè che Sihem era stata capace di condurre una perfetta vita di moglie di un noto chirurgo ed un’altra di cospiratrice insieme ad altre donne ed uomini, di partecipe di un’organizzazione segreta impegnata a sostenere la causa palestinese, di lotta contro le pretese d’Israele. Saprà tutto, Amin, di quanto avveniva in Israele lontano dalla luce del giorno, fuori dalla vista di tutti. Una vita pubblica ed una privata, completamente diversa, aveva avuto Sihem. Tra le due aveva accettato le condizioni, le richieste di quella della congiurata, non aveva esitato a sacrificarsi, a morire per i fini perseguiti dalla sua organizzazione, per un ideale da raggiungere, il successo del popolo palestinese. Tanta era per lei l’altezza di questi scopi che niente, neanche la vita,avevaconsiderato superiore.

Non poteva Amin accettare simili rivelazioni, continuava egli a chiedersi cosa era mancato, quale piacere non aveva procurato alla moglie perché avesse preferito altri di altro genere. Soprattutto non riusciva a capire come avesse potuto attribuire così poca importanza alla vita, a quella vita che per lui chirurgo era fondamentale, che tante volte era riuscito a dare a chi la stava perdendo.

L’intero romanzo si articolerà intorno a questo difficile, complicato confronto tra Amin e Sihem, tra marito e moglie, tra vita e morte. Abile sarà Khadra a non rimanere su un piano meramente teorico, ad animare continuamente la situazione, a farne uno degli episodi della questione israelo-palestinese, a combinarla con questa e ricavare un romanzo che rientra nel genere poliziesco proprio dell’autore, nella sua tendenza alle lunghe, interminabili indagini e nell’altra adaffrontare i dissidi, a stare tra gli estremi, a cercare di risolverli.

Antonio Stanca