Roberto Finzi, un nonno che racconta
di Antonio Stanca –
Roberto Finzi è nato a Sansepolcro (Arezzo) nel 1941 ed è morto a Bologna nel 2020. A Bologna si è laureato in Filosofia. Ha insegnato nelle scuole medie inferiori e superiori prima che all’Università di Ferrara, Trieste e Bologna. Molto ha scritto tra libri, giornali e riviste, molto si è impegnato a divulgare i risultati delle sue ricerche tramite la scrittura e la comunicazione orale. Un infaticabile studioso, un divulgatore d’eccellenza deve essere considerato, i suoi lavori sono stati tradotti in molte lingue e molti argomenti hanno riguardato: dalla storia dell’agricoltura alla vita nei campi durante i secoli scorsi, dall’ambiente umano, sociale al clima, dallo sviluppo del pensiero economico alla formazione del partito socialista, dalla nascita delle città a quella delle regioni italiane, dalla storia del popolo ebreo a quella della sua persecuzione. Di storia, di molti aspetti della storia, si è interessato Finzi, tanta storia ha percorso, tanti fenomeni, avvenimenti ha ripreso, ricostruito, completato e soprattutto studiato, spiegato. Ovunque, in qualsiasi direzione si sia impegnato, è sempre riuscito a fare luce, a mettere ordine al punto da essere diventato un’autorità riguardo a tanto passato, alla sua continuazione e sviluppo nei tempi moderni.
Ultimamente, nel 2019, si era presentato in una versione diversa dalla solita. Aveva pubblicato un breve volume, Cosa hanno mai fatto gli Ebrei? (Dialogo tra nonno e nipote sull’antisemitismo), che ora è stato ristampato per conto del Gruppo Editoriale GEDI ed è uscito allegato al quotidiano “la Repubblica”. Nell’opera immagina che la nipote Sofia, una ragazza delle scuole superiori, tenga un lungo dialogo con lui nonno circa il fenomeno dell’antisemitismo, del quale è un esperto. A Sofia serve sapere quanto più possibile sull’argomento poiché a scuola l’insegnante di storia ha programmato un compito sull’antisemitismo. Avrebbe, quindi, trasmesso ai compagni di classe quello che sarebbe riuscita a sapere dal nonno. A tutta la scolaresca sarebbero servite le sue spiegazioni e non gli restava che riprendere la vecchia funzione di insegnante, cercare di riuscire quanto mai chiaro e completo. Succederà, perciò, che un fenomeno così esteso nel tempo, così complicato come l’antisemitismo diventi il motivo di una semplice conversazione tra parenti, che venga esposto in modo molto discorsivo, di facile comprensione e che si trasformi in un’opera obbediente alle intenzioni divulgative proprie del Finzi.
Fin dalle prime pagine ci si sente coinvolti non solo perché affettiva, intima è la situazione che si crea, spontaneo lo scambio, il linguaggio, ma anche perché tra le tante cose che fanno parte della storia degli ebrei il Finzi, diventato nel libro il nonno di Sofia, mostra di sapersi muovere con la sicurezza, la precisione propria di chi tutte le conosce e le sa collocare nei loro spazi, nei loro tempi, le sa restituire alla loro verità liberandole da ogni incertezza. Quel poco, mai esatto, che tra scuola, chiesa, stampa, televisione, cinema, si è sempre saputo circa gli ebrei è ora ampliato, illustrato in ogni dettaglio. Per dire dell’antisemitismo, del quale è stato richiesto, nonno Finzi comincerà dall’inizio, dai tempi più remoti della storia ebraica, da prima dei Romani, percorrerà tanti secoli, passerà tra eventi memorabili, personaggi d’eccezione, Vecchio e Nuovo Testamento, veri e falsi documenti storici, Chiesa e stati, papi e imperatori, religioni e popoli, guerre ed emigrazioni, vecchia e nuova Europa, città e nazioni, vecchie e nuove persecuzioni, stato d’Israele e palestinesi, benedizioni e maledizioni, condanne ed esecuzioni, storia e cultura, pensiero ed arte. Un percorso lunghissimo, carico di infinite situazioni, è andato a compiere. Ha osservato pure quanto alla storia degli ebrei è stato aggiunto di confusioni, contraddizioni, pregiudizi, come questi abbiano portato all’avversione, all’odio nei loro riguardi, come di tale atteggiamento non ci si sia liberati nemmeno oggi quando tanto tempo è passato e tante pene è costato a quella popolazione. Ancora diffusa, in maniera evidente o latente, è la tendenza a rifiutare, respingere gli ebrei nonostante siano stati condannati gli autori delle loro persecuzioni, delle loro deportazioni. Si continua ad avversarli, a tenere vivo un pregiudizio che né la religione né la scienza né la civiltà sono riuscite ad eliminare. Ancora li si considera pericolosi, perfidi, capaci di complottare per il dominio del mondo, di praticare l’usura, di volersi arricchire a spese degli altri, di voler stare, ritrovarsi soltanto tra loro e rimanere lontani dai paesi, dai popoli che li ospitano. Si continua ad accusarli di malefici senza che sia vero, senza accorgersi di volerli trasformare nei capri espiatori delle colpe degli altri.
Di tutti questi mali il Finzi voleva liberare gli ebrei, voleva scaricarli di tanti pesi, demolire quanto vi è stato costruito. Voleva dimostrare come da un’iniziale questione di carattere religioso, gli ebrei erano ritenuti colpevoli di aver ucciso il figlio di Dio, si fosse giunti col tempo alla negazione della loro razza. Invece ovunque si fossero trovati in seguito alla famosa dispersione erano vissuti insieme, pari ad ogni altra gente, del loro lavoro cioè, avevano conosciuto anche la miseria, avevano dato al mondo menti tra le più illuminate nelle arti e nelle scienze. Per arrivare alla verità Finzi aveva tanto studiato la storia ebraica e nel libro l’ha esposta in ogni particolare, l’ha corredata di documenti, testimonianze, citazioni.
Altre volte, con altre opere, aveva trattato dell’argomento ma stavolta aveva pensato di farlo trasformandolo in una lezione per ragazzi, in un racconto. Aveva pensato che a differenza di opere più impegnative questa poteva riuscire meglio, questa poteva essere la volta buona.
Antonio Stanca
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