Piero Dorfles pensa a biblioteche per tutti
di Antonio Stanca –
Piero Dorfles, presso la casa editrice Garzanti di Milano, ha pubblicato ultimamente l’opera I cento libri che rendono più ricca la nostra vita.
Dorfles è nato a Trieste nel 1946, è nipote del noto e compianto critico d’arte Gillo Dorfles e dal 1975 ha curato i servizi culturali del “Giornale Radio Rai”. La partecipazione al programma televisivo “Rai 3. Per un pugno di libri” lo ha reso noto al grosso pubblico. Si è pure impegnato in rubriche radiofoniche e ha scritto opere riguardo alla comunicazione radiotelevisiva e ad un ambito più ampiamente culturale come appunto quest’ultima.
Dorfles ha settantadue anni e fin dall’inizio della sua attività si è adoperato per far sapere, conoscere, tramite radio, televisione, libri, quanto sembrava restare lontano dal pubblico, quanto gli risultava poco conosciuto si trattasse di avvenimenti, personaggi od opere della storia, dello spettacolo, della cultura italiana e straniera. Un giornalista e un critico letterario tra i più fecondi è stato, tra i più abili si è rivelato visto che larghi risultati hanno ottenuto i suoi lavori, lunghe distanze hanno colmato. Un’opera di democratizzazione della cultura si può dire che abbia compiuto Dorfles fino a giungere a questo libro nel quale presenta, riunendoli per temi, i cento libri più noti della storia letteraria non solo italiana degli anni trascorsi. Tra essi ci sono anche opere teatrali e di ognuna l’autore espone, in breve, il contenuto accompagnandolo con note ed osservazioni critiche che permettono di avere una rapida e chiara idea dell’opera oltre che deltempo edell’ambiente che le sono stati propri. Una guida che fosse alla portata di tutti ha voluto comporre Dorfles e che andasse da Bulgakov a Sciascia, da Tolstoj a Vittorini, da Conrad a Kipling, da Balzac a Mann, da Musil a Joyce, da Shakespeare a Kafka, da Wilde a Poe, da Goethe a Pasternak e a tanti altri autori dei tempi più vicini e più lontani. Di questi sono state indicate generalmente le opere maggiori, quelle delle quali si sente parlare in molte occasioni, quelle che fanno parte della memoria collettiva dell’Occidente e convinto si è mostrato il critico della necessità che siano presenti in una biblioteca, che la formino non solo in ambienti specifici ma anche nelle case di un certo pubblico. Qui il possesso di questi libri potrebbe essere condiviso, ce li si potrebbe prestare e questo diventerebbe un modo per scambiare non solo il libro ma anche le proprie idee, per comunicare. Sarebbe anche un incentivo per la lettura, farebbe accorto un buon lettore delle opere che non conosce, lo muoverebbe a colmare certi vuoti. Negli ambienti specifici come le scuole, le universitàuna biblioteca composta da questi libri favorirebbe l’istruzione, la formazione dei giovani, li farebbe sentire a contatto diretto con un’eredità di alto valore morale.
Nell’opera Dorfles non è il teorico che ha voluto costruire un sistema soltanto immaginario ma è, come sempre, il giornalista professionista che non ha mai perso di vista i bisogni degli altri, del pubblico, dei giovani, degli studenti, che ha voluto sempre procurare loro un modo, un mezzo per incontrarsi, conoscersi, scambiare, migliorare. Stavolta pensa che lo si possa fare tramite le opere che si dovrebbero possedere e che questo libro segnala come necessarie per biblioteche privatee pubbliche.
Antonio Stanca
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