di Antonio Stanca –

Allegato al Corriere della Sera, per la serie “La poesia è di tutti”, è comparso il breve volume di Pedro Salinas, No, non lasciate chiuse le porte della notte. È una raccolta di poesie tratte dalla famosa opera del poeta spagnolo La voce a te dovuta del 1934. La traduzione è di Valerio Nardoni. Sono poesie d’amore come le altre di quell’opera, sono la migliore esemplificazione di come l’autore scrivesse in versi e soprattutto di come scrivesse d’amore.

Pedro Salinas era nato a Madrid nel 1891 ed era morto a Boston nel 1951. Era vissuto sessanta anni durante i quali era stato in luoghi diversi ed aveva avuto esperienze diverse. A Madrid si era laureato prima in Giurisprudenza e poi in Lettere, quindi si era trasferito a Parigi per svolgere la funzione di lettore di lingua spagnola alla Sorbona. Aveva insegnato alle Università di Siviglia e di Madrid. Nel 1934, dopo altre raccolte, aveva pubblicato La voce a te dovuta, l’opera poetica più nota, quella che avrebbe evidenziato il carattere lirico della sua ispirazione, la ricerca dell’espressione perfetta, levigata. Il tema dell’amore sarebbe risultato centrale nella sua poesia, avrebbe rappresentato per Salinas il culmine della sua esperienza artistica.

Nel 1936, per sfuggire alla guerra civile spagnola, era emigrato in America, aveva insegnato all’Università di Baltimora e molte altre opere aveva composto prima di morire a Boston nel 1951.

Anche critico letterario era stato, drammaturgo e narratore ma quella poetica era risultata la sua attitudine più sentita, la più riuscita. Ora questo volume, presentato dal Corriere della Sera, offre la possibilità di constatare come procedeva il Salinas poeta, quanto attenta fosse la sua maniera di esprimersi in versi, la scelta delle parole, la cura del loro effetto sonoro, visivo. Molto ricercato doveva essere il linguaggio poiché di un evento eccezionale, di un fenomeno miracoloso doveva dire, dell’amore appunto. L’apparizione, la visione della bellezza femminile comportava per l’uomo una condizione di meraviglia, di stupore tale da incantarlo, attirarlo in modo irreversibile. Non poteva più liberarsi quell’uomo, non poteva sottrarsi a quel richiamo. Coinvolto si sarebbe sentito in un movimento destinato a non finire, a farlo avanzare fino a diventare partecipe di un mondo di meraviglie, di uno stato di assoluta purezza, quello che si era verificato alle origini della vita, della storia. Dell’eternità, della divinità sarebbe giunto a far parte tramite quella bellezza e degni di tanta altezza dovevano essere i modi usati per esprimerla. Un prodigio era avvenuto e le parole non potevano essere di meno. Pur se difficili le si sarebbe trovate perché altro si diventava in simili circostanze, si cambiava, si cresceva.

Dalle poche poesie della raccolta è possibile dedurre tutto questo e molto importante essa diventa insieme alle altre di altri autori programmate dal Corriere della Sera. Servono a dimostrare che la poesia è esistita, è valsa pur in tempi a noi vicini, quelli moderni, quando la si credeva scaduta, quelli contemporanei, quando sembra scomparsa, che è possibile rintracciarla sotto altre forme quali il canto, la recitazione. Non ha smesso di esercitare la sua attrazione, il suo fascino. Appartiene all’uomo, alla vita e con loro finirà!

Antonio Stanca