di Antonio Stanca –

L’anno scorso lo scrittore francese Nicolas Barreau ha pubblicato il romanzo Mille luci sulla Senna. Come altre precedenti l’opera ha avuto quasi subito un’edizione italiana per conto della Feltrinelli, nella serie “I Narratori”. La traduzione è stata di Monica Pesetti. È scritta in tedesco che, accanto al francese, è la lingua usata dallo scrittore.

“Commedie sentimentali” vengono generalmente dette quelle del Barreau. Di amore scrive, dell’importanza, della forza, del bene che dall’amore possono venire, della loro capacità di risolvere situazioni difficili, far finire gravi problemi. Tanta è la fiducia espressa dallo scrittore nei riguardi dell’amore da ritenerlo un pensiero, un sentimento, un riferimento determinante, capace di riportare ordine, misura, equilibrio nelle situazioni di crisi, di svalutazione dei valori morali quali quelle che hanno invaso la società, la vita dei nostri tempi. Col bene dell’amore si può vincere il male della storia, sembra voler dire Barreau. Alfiere dell’amore sembra volersi fare a conferma del successo che le sue opere hanno ottenuto e vanno ottenendo.

Barreau è nato a Parigi nel 1980. Qui ha studiato, si è laureato, qui risiede. Ha cominciato a dedicarsi alla scrittura narrativa dopo aver lavorato come libraio. Aveva ventisette anni quando pubblicò il primo romanzo, La donna dei miei sogni. Era il 2007 e nel 2010 con Gli ingredienti segreti dell’amore avrebbe raggiunto un successo senza limiti. L’opera era stata tradotta in molte lingue, aveva venduto milioni di copie ed era diventata prima un film e poi una pièce teatrale. A trent’anni Barreau era uno scrittore molto conosciuto, molto ammirato. Aveva scritto dell’amore, dell’amore che aiuta, consola, salva e così avrebbe continuato per molte altre volte fino a Mille luci sulla Senna. Anche qui l’amore salverà due persone, un uomo e una donna, che stavano per perdersi, che per una serie di circostanze negative erano rimaste sole, lontane dalle famiglie, senza lavoro e senza affetti. Lui è Maxime, lei Joséphine. I tempi sono quelli attuali, l’ambiente la Parigi di uno dei più recenti Natali. Lui è lo scrittore che, ancora poco noto, cerca ispirazione e affermazione, lei la traduttrice che, licenziata dalla casa editrice, è alla ricerca di un lavoro e intanto vive fuori dalla famiglia nella quale ha difficoltà. Non è stata come le altre sorelle già sposate e con figli o in attesa, già sistemate economicamente come volevano le regole di una casa così dignitosa come la sua, di un padre noto avvocato e di una madre bella, ricca e severa. Joséphine ha trent’anni, ha rifiutato un matrimonio convenuto, vive in una mansarda, ha una relazione con un dipendente del Ministero, sposato e con figli, crede nelle sue promesse di separarsi dalla moglie e mettersi con lei. Dopo molto tempo non è ancora avvenuto e Joséphine ha perso ogni speranza. Ha difficoltà in famiglia, col suo uomo, col lavoro: non sa come regolarsi, tutto le è contrario e ha pure bisogno di soldi. Ne parla con amici, l’aiutano ma non dura molto ché anch’essi hanno problemi. Vive una condizione di spaesamento, di confusione, non sa a chi, a cosa riferirsi: è sola e non può durare.

Improvvisamente le succederà di sapersi erede di una houseboat, una “casa-barca” ormeggiata sulla Senna. L’eredità proveniva da un vecchio e lontano zio, Albert, che le era stato sempre affezionato e che era morto. Joséphine penserà subito di vendere quella barca e di andare avanti fin quando non avrebbe trovato un lavoro. Scoprirà, però, che nella barca c’è un inquilino, Maxime, già da cinque anni e destinato, per contratto, a restare altri cinque. È lui lo scrittore in cerca di successo. Con Joséphine sarà un rapporto molto difficile poiché non accetterà di lasciare la barca, non le permetterà di venderla.

Entrambi sono soli, vivono di pochi mezzi, lui in una barca, lei in una mansarda. Hanno voluto essere diversi e sono stati esclusi. Anche tra loro sono particolari, ci sono problemi che non li fanno avvicinare, nessun rimedio, nessuna combinazione sembra possibile. Si andrà avanti così per molto tempo, per tutta l’opera finché il caso, durante la notte di Natale, non li farà incontrare, non li farà confidenti uno dell’altro, non li farà innamorare e risolvere insieme e per sempre i loro problemi. Di nuovo l’amore aveva superato tutto.

Più e meglio delle altre volte è riuscito Barreau in questo romanzo: più articolata, più animata è la trama, più complicata la vicenda di Maxime e Joséphine, più persone, più situazioni vi sono coinvolte, più vita avviene intorno a loro. È l’immensa Parigi, sono le sue infinite strade, i suoi tanti palazzi, monumenti, locali pubblici, le sue “mille luci” di Natale a fare da sfondo al dramma di Joséphine, alla sua solitudine che più sofferta, più prolungata sarà di quella di Maxime. Continuo, ossessivo diventerà il confronto, il divario tra il travaglio del suo animo e la festa degli altri. Abile si mostrerà lo scrittore a dar voce a tanta vita, a farla procedere con naturalezza, a farvi rientrare aspetti così diversi. Anche la salvezza finale arriverà senza clamori quasi fosse attesa, necessaria.

Non sembra ci siano mai sorprese in Barreau: tanto bene, tanto facile scorre la sua scrittura da identificarsi con la vita, con tutta la vita, da diventare la voce di ogni sua circostanza.

Antonio Stanca