Morazzoni, la vita come opera
di Antonio Stanca
Marta Morazzoni ha sessantanove anni, insegna Letteratura Italiana presso un Istituto Tecnico di Gallarate e in questa città risiede. Ha cominciato a scrivere nel 1983, con alcuni racconti, la prima ampia opera narrativa, La ragazza col turbante, risale al 1986 e si compone di cinque racconti collegati da un motivo che tutti li percorre. L’opera è stata tradotta in nove lingue ed ha imposto la figura della Morazzoni nel contesto della narrativa contemporanea italiana e straniera.
Molto altro avrebbe scritto, molta altra narrativa, racconti e romanzi, molti riconoscimenti avrebbe ottenuto, nel 1997 con Il caso Courrier avrebbe vinto il Premio Campiello. Possibile sarebbe stato nelle sue opere rintracciare motivi ricorrenti. Gli ambienti nordici sarebbero risultati i suoi preferiti insieme ai problemi interiori, quelli dell’anima. Inoltre assente, lontana da quanto rappresentato sarebbe sempre rimasta la scrittrice, avrebbe lasciato che i suoi personaggi agissero indipendentemente dalla sua volontà, che le loro vicende si sviluppassero, si concludessero seguendo un percorso proprio. Scrivere per la Morazzoni non significa proporsi delle finalità, non vuol dire insegnare, giudicare, condannare ma soltanto raccontare, mostrare quanto, cosa avviene nella vita, come avviene, come inizia, come procede, come finisce.
Dal Boccaccio del Decameron dice che le è venuta questa attitudine mentre dal Proust della Recherchele sarebbe venuta l’altra del piacere della scrittura. L’amore per gli ambienti nordici risale, invece, ai tempi della laurea in Filosofia quando scelse l’indirizzo antropologico culturale e si dedicò allo studio degli eschimesi del Canada e della Groenlandia.
Anche in Casa materna, il romanzo del 1992 che ora è stato ristampato dalla casa editrice Guanda di Milano e che ha vinto il Premio Fondazione Il Campiello 2018, gli ambienti sono quelli della Norvegia e della Germania, i personaggi sono gli elementi più importanti della narrazione, i problemi del loro spirito quelli che assumono maggiore evidenza, la conclusione dell’opera quella voluta dal loro svolgersi. E’ una maniera che ha fatto della Morazzoni un caso singolare, una scrittrice unica dal momento che autonoma risulta la sua opera, capace di una vita propria, quella che le viene dalla sua realtà.
La realtà di Casa materna è compresa tra Germania e Norvegia, tra Amburgo e Bergen, tra la città tedesca, dove lavora Haakon uno dei protagonisti, e il paese dove risiede Agnes, la vecchia madre che da anni vive sola, vedova, in una villa della campagna norvegese intorno a Bergen. Dalla madre Haakon si reca ogni estate per trascorrere un mese di vacanza. Ha quasi cinquant’anni e i rapporti con lei non sono mai stati molto distesi. L’ultima volta che si ritroveranno, quella raccontata nel romanzo, diventeranno ancor più difficili. Haakon scoprirà che la madre, una donna ancora energica nonostante l’età, ancora rigorosa, inflessibile, da un po’ di tempo non è più sola, si è legata a Felice, la giovane figlia di un giardiniere del posto. A lei ha affittato la piccola casa del guardiano all’interno della villa perché le stia vicina e l’aiuti nelle cure del grande giardino che ha sempre avuto un’importanza primaria. Agnes è avanti negli anni e un riferimento, un aiuto in una vita solitaria e negli impegni è diventato quasi necessario. Ha, quindi, avviato un rapporto, uno scambio con Felice, ha voluto che si ritrovassero, parlassero, si confidassero. E’ nata una vicinanza, un’amicizia che non interessa solo le loro cose ma anche i loro sentimenti, che non è solo conoscenza intima ma anche affetto. Da questo rapporto Haakon si sente escluso, non riesce a capire come sia possibile che l’amore per un’estranea diventi più importante dell’amore per un figlio, che faccia aumentare la distanza tra madre e figlio. Deve, comunque, arrendersi a questa grave constatazione fino a proporsi di non tornare più a Bergen. Come ad Amburgo anche qui è ormai solo.
Su quanto, a Bergen, avviene tra madre, figlio e Felice si sofferma a dire nel romanzo la Morazzoni, su quali sono i loro pensieri, i loro sospetti, i loro segreti, le loro intenzioni, le loro paure, i loro problemi. Questi insorgeranno soprattutto tra Agnes e Haakon, dureranno un mese, il periodo della vacanza di lui, ma non si risolveranno. Il figlio vedrà annullata la sua volontà di conquistare un valore, una funzione presso la madre. Inesorabile continuerà quel processo che era già iniziato, che aveva fatto incontrare Agnes e Felice, che le aveva portate ad escludere dal loro rapporto ogni altra persona o cosa. Tanto erano diventate importanti l’una per l’altra!
Originale nei contenuti, sicuro, preciso nell’esposizione è il romanzo della Morazzoni. Non lascia alcuno scampo, alcun dubbio a quanto sta avvenendo tra i suoi protagonisti, li fa apparire convinti di ogni loro pensiero, di ogni loro azione, rassegnati ad una realtà che sembra diventata il loro destino.
Tanto vera, tanto reale è l’opera che da sola sembra si sia fatta, che la vita sembra sia diventata opera come, appunto, vuole la Morazzoni.
Antonio Stanca
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