Marc Augé, la sua opera è la sua vita
di Antonio Stanca –
Antropologo, etnologo, filosofo e scrittore francese è Marc Augé. È nato a Poitiers nel 1935. Vive a Parigi. Ha svolto le sue prime ricerche in Africa, Costa d’Avorio e Togo, poi, dopo gli anni ’80, è stato in America Latina ed infine si è concentrato sull’Europa, in particolare Francia, Italia, Spagna, sul mondo contemporaneo, sulla società metropolitana. Di questa ha osservato, studiato, trattato fenomeni quali la solitudine, l’incomunicabilità, l’oblio, le alterazioni della memoria e soprattutto il “non luogo”. Molto noto è diventato Augé per aver indicato, creato questo concetto: il “non luogo” è il posto, aeroporti, alberghi, autostrade, grandi magazzini, dove non esistono, non si stabiliscono rapporti tra le persone perché sempre in movimento, sempre di passaggio sono, sempre estranee rimangono le une alle altre. Sono luoghi destinati a non avere un’identità, una storia ché sconosciuti risultano ai loro frequentatori. E’ questo il tema che più di ogni altro ha reso celebre l’Augé, al quale ha dedicato molti studi. Ma anche quegli altri sono temi, problemi del mondo di fine Millennio, che lo studioso ha ampiamente trattato. Importanti, determinanti sono le verità che ha scoperto, dimostrato, le valutazioni che ha compiuto, le indicazioni che ha dato. Di livello internazionale è diventata la sua fama, molte cariche ha ricoperto, molte opere ha scritto. Ha studiato l’antico e il nuovo, le società primitive e quelle attuali, ha confrontato la storia con la letteratura, con l’arte, con la filosofia, con la scienza. A volte, però, si è permesso degli abbandoni, ha voluto essere meno impegnato, più facile senza, naturalmente, rinunciare allo stato di attenzione, di riflessione che lo contraddistingue. È successo con il breve volume Momenti di felicità del 2017 che a Giugno di quest’anno è comparso quale allegato del “Corriere della Sera”.
Già all’inizio l’autore chiarisce che intende parlare di esperienze personali, che si tratta di un’opera autobiografica anche se proseguendo mostra di allontanarsi da tali premesse e di ampliare il suo sguardo, di farvi rientrare la vita degli altri siano personaggi noti o persone comuni.
I “momenti di felicità” sono quei frangenti, quegli attimi improvvisi che emergono dal profondo e ci fanno cogliere, tramite un ricordo, un’immagine, una visione che si presenta alla mente, s’inserisce nel pensiero, momenti felici della vita passata, istanti di essa che ci hanno visto contenti, soddisfatti, pienamente riusciti. Non c’è bisogno di evocarli quei momenti, arrivano da soli, all’improvviso, senza pensarli. Né c’è bisogno di essere un intellettuale, un pensatore, un artista per averli ché anche alle persone semplici succedono ed anche in condizioni di vita disagiata. Sono illuminazioni alla portata di tutti, piaceri che non distinguono, dei quali tutti possono godere. Sono immediati, rapidi ma permettono di farvi ritorno, di recuperarli, di rinnovare la felicità che apportano.
Molto si sofferma l’Augé, nel libro, a chiarire la natura di queste apparizioni. Le documenta risalendo al passato, citando autori e opere di ogni nazione, di ogni tempo. Vasto diventa, come altre volte, il suo discorso, ampie le conoscenze che esibisce, chiara, facile l’esposizione, gradita la lettura. Anche in quello che sembrava un argomento secondario non si finisce mai di scoprire ché molto sa e molto dice Augé ogni volta che scrive. Ha più di ottantanni e tanto ha visto, sentito, osservato, studiato, scritto. La sua cultura è diventata una qualità naturale, quella del vecchio saggio che la mostra con semplicità e la fa amare senza indugio. Ogni sua opera giunge a combinare la storia con la letteratura, la poesia con il teatro, la filosofia con la scienza, ad esprimere la totalità della sua cultura. Immense sono le sue conoscenze, non vi può rinunciare, coincidono, s’immedesimano con la sua vita, sono la sua vita.
Non può dire di quelle senza questa!
Antonio Stanca
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