Manzini, una triste verità
di Antonio Stanca –
Attore televisivo, l’“Ispettore Tucci”, “Serpico”, cinematografico, sceneggiatore, regista e scrittore è Antonio Manzini, nato a Roma nel 1964. Ha cinquantadue anni e nel 2005 ha esordito nella narrativa con Sangue Marcio, romanzo giallo che è stato seguito da altri romanzi e racconti gialli con i quali ha dato vita alla figura del vicequestore Rocco Schiavone, diventato noto per le sue maniere fuori dalla norma, dalle convenzioni.
Il “giallo”, il “poliziesco” sembra il genere preferito dal Manzini attore e scrittore, quello che gli ha procurato un gran pubblico di spettatori e lettori. Su questa linea può essere inserita anche una delle sue ultime opere, il romanzo Sull’orlo del precipizio, pubblicato nel 2015 dalla Sellerio di Palermo (pp.115, € 8,00) nella collana “Il divano”. Un giallo diventa, infatti, in questo libro la vicenda immaginaria del noto scrittore genovese Giorgio Volpe, vincitore di molti premi letterari, che ha completato l’ultimo romanzo e che per pubblicarlo andrà incontro ad una serie di vicissitudini, delusioni, frustrazioni, a veri e propri ricatti, rischi, pericoli. Anche il romanzo del Volpe s’intitola Sull’orlo del precipizio, anch’esso è stato scritto nel 2015 e tratta del nonno partigiano dell’autore, del padre, della loro casa in campagna, una ricostruzione vuol essere della storia della famiglia a partire dagli anni del secondo dopoguerra, della liberazione per giungere a quelli dell’Italia della Democrazia Cristiana, delle sinistre, del loro fallimento, del fallimento dell’intera nazione, dell’intero continente. Anche questa è una storia di speranze deluse, di problemi irrisolti, di fallimenti. L’opera si compone di ottocento pagine e Volpe vi ha atteso per due anni e mezzo. E’ contento di averla finita, di tornare a presentarsi ai suoi lettori che sono tanti e che ogni suoromanzo hannoapprezzato.
Questa volta, però, a differenza delle precedenti, lo scrittore troverà molte difficoltà presso la casa editrice che sempre lo ha pubblicato. Essa non c’è più, è stata assorbita, come spesso avviene oggi, da un’altra più grande,più importante ed estesa anche in ambito internazionale. E’ diventata una compagnia editoriale che procede all’insegna dei tempi, che stampa libri che giungano facilmente e rapidamente ai lettori, che procurino piacere e pertanto non è disposta a pubblicare un romanzo come quello del Volpe dove si dice di tempi difficili, di situazioni gravi. Lo potrebbe fare solo se venissero eliminate le parti che si soffermano su tali argomenti e se fossero modificate le altre, trasformate in una storia, in un racconto che facesse contenti i lettori. Per ottenere questo serve intervenire non solo sul contenuto ma anche sulla forma, serve usare un linguaggio non rigoroso, non elaborato ma vicino a quello comune, fatto di effetti, parole dell’uso quotidiano comprese le volgarità.
Volpe rimane sconvolto da tutto ciò ma non accetta nessuna delle nuove condizioni. Si rivolgerà ad altre case editrici ma nemmeno queste saranno disposte a pubblicare il suo romanzo. Anche per esse non è adatto ai tempi e non avrebbe alcun successo: i tempi sono nuovi, il pubblico è nuovo e solo se si viene incontro ai suoi gusti si può sperare di essere accolti. La letteratura deve ormaiessere considerata come un qualsiasi altro prodotto, come questo deve avere le caratteristiche utili a farsi reclamizzare, pubblicizzare. Simile lavoro di adattamento ai tempi di un’opera letteraria sarà svolto dalla stessa casa editrice, dai suoi correttori di bozze mentre all’autore, allo scrittore basterà presentare il progetto di un romanzo o un semplice abbozzo.
Sarà questa tutta la serie di novità che Volpe andrà scoprendo con sommo stupore e con orrore. Lotterà contro di esse, non vorrà accettarle. Si esporrà in prima persona controquanto lo rifiutava, sarà offeso, minacciato, correrà dei rischi fin quando non scoprirà di essere vittima di una persecuzione ordita ai suoi danni dalla sua vecchia ed ora nuova casa editrice. Era stata quella a tessere intorno a lui una tela nella quale aveva fatto rientrare le altre case editrici consultate dal Volpe e da tutte respinto. Sarà ancora quella a ricattarlo fin quando non si vedrà costretto a cedere.Anche se contro la sua volontà accetterà che il romanzo sia sottoposto alle modificherichieste e che queste diventino la regola per altri lavori.
Tramite una vicenda completamente immaginata e svolta nei modi ironici, a volte comici, della farsa Manzini vuole rappresentare quel cheeffettivamente sta succedendo nel campo della narrativa e dell’editoria italiana, vuole esprimere la sua disapprovazione verso la tendenza sempre più diffusa a fare del libro un prodotto di mercato, vuole accusare l’editoria di essere diventata industria e di aver portato alla crisi della produzione narrativa.Con lepene sofferte dal suo Giorgio Volpe lo scrittore vuol dire che nella narrativa italiana è diventato difficile distinguere tra quella vera e le tante altre che di tantialtri interessi sono espressione.
A questo punto si è giunti in Italia, a non saper più come dev’essere un romanzo, cosa deve esprimere, in quale lingua si deve scrivere, se dev’essere un prodotto del suo autore o dei suoi tempi.
E’ triste ma è la verità e bravissimo è stato il Manzini a rappresentarla con la sua opera, a dare a questa lo stesso titolo di quella dell’autore immaginato, a collocarle nello stesso tempo e “sull’orlo” dello stesso “precipizio”.
Antonio Stanca
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