Lorenzo Marone tra i bisogni dell’anima
di Antonio Stanca –
Quest’anno Feltrinelli ha pubblicato la seconda edizione del romanzo La donna degli alberi, Premio Prata, di Lorenzo Marone. L’opera risale al 2020 e rientra tra le molte altre che dal 2015 in poi lo scrittore ha prodotto. Soprattutto romanzi sono stati, molti premi hanno ottenuto e alcuni anche una trasposizione cinematografica. Per conto di Einaudi Marone si è impegnato nella saggistica, per la Repubblica di Napoli cura la rubrica domenicale “I Granelli” e per La Stampa collabora con “Tuttolibri”.
È nato a Napoli nel 1974, ha quarantanove anni e a Napoli vive con la moglie e il figlio. Intensa è la sua attività intellettuale, di diverso genere anche se quello narrativo è il preferito. Notevoli capacità di rappresentazione, costruzione, esposizione ha mostrato di possedere nei romanzi. Quanto mai chiaro, scorrevole è il suo linguaggio. Anche profondo, intimo sa essere fino a diventare poetico, lirico. È una maniera alla quale è giunto tramite un lungo esercizio, per la quale si sentiva propenso, con la quale voleva rendere le oscurità, i misteri che lo travagliavano. Oscuri, misteriosi sono spesso, infatti, i personaggi, gli avvenimenti delle sue narrazioni. Quella da lui rappresentata è quasi sempre una vita che si svolge ai margini, che non è mai ben chiara, ben definita ma sempre incerta, sempre difficile. Sono argomenti, temi tra i più moderni, tra i più attuali e Marone ha sempre mostrato di volervi aderire, di voler fare letteratura, arte di quanto gli succede intorno. Così pure in La donna degli alberi, dove quello della “vita in crisi” è il caso della protagonista, della donna non più tanto giovane che cerca un senso per la sua vita, che è confusa, smarrita, non sa cosa pensare, cosa fare, cosa serve, cosa vale per vivere. Sta sempre a farsi domande, ha sempre dubbi, cerca sempre risposte. Non è mai convinta di quale direzione seguire, di quale percorso iniziare. Per questo, per scoprire una qualche certezza, lascia la casa in città e si reca in montagna, nella baita che era stata della famiglia, dai nonni ai genitori, e che altre volte, da bambina a dopo, aveva abitato. È settembre, ha intenzione di rimanere in montagna per molto tempo, per l’inverno e l’estate che verranno. Lo farà, non le costa fatica, non è nuova del posto, sa come muoversi, come risolvere problemi piccoli e grossi, interni ed esterni alla casa. La sua diventerà una vita da perfetta montanara. Conosce tutto di quei luoghi, i boschi, i torrenti, i fiumi, il lago, le strade, i sentieri, il paese e ogni altra parte comprese le più segrete. Si addentrerà nel fitto della vegetazione in cerca di legna o di cibo, camminerà a lungo tra gli alberi per rilassarsi, distendersi, rivedere, ritrovare quanto aveva fatto parte della sua vita. I ricordi emergeranno in continuazione, l’aiuteranno. Scenderà in paese, starà tra la piazza, la chiesa, la locanda. Tutto questo, però, non sarà sufficiente a procurarle le certezze che vuole, serve altro e crederà di trovarlo nelle persone che conoscerà, con le quali intratterrà dei rapporti, delle quali diventerà amica. Nelle loro parole, nei loro pensieri, nelle loro azioni penserà di poter individuare i modi per uscire dalla confusione, dall’indeterminazione e orientarsi con precisione. Di una di queste persone, lo Straniero, si innamorerà, staranno insieme, per lei sarà come una scoperta definitiva, una vittoria totale. Pure con la Guaritrice muta si sentirà meglio, con la Rossa e sua figlia, con la Benefattrice. E pure con il Cane, la Volpe, il Gufo e con gli altri animali che le diventeranno amici, con i quali si frequenterà in casa e fuori, nel bosco. Anche con loro crederà di poter avere un rapporto utile ai suoi bisogni, anche da loro penserà di poter imparare quanto le serve. Moltissimo sarà il tempo trascorso con quelle persone, con quegli animali, tutto il romanzo sarà impegnato a narrarlo. Tra quanto si pensa e quanto si fa, tra quanto si vede e quanto si immagina, tra la donna e gli altri, tra persone e cose, interno ed esterno, anima e corpo, corre sicura, rapida la lingua del Marone, di una vicenda ampia, immensa, infinita diventa la voce. Non mancheranno per quella donna che li cerca momenti di affermazione, di realizzazione, di pienezza, fasi positive in un percorso così lungo. A volte dureranno ma inevitabile sarà la ricaduta nello stato d’indecisione. Ed anche negli altri, in quelli che aveva creduto sicuri di sé e utili per lei, scoprirà che mancano certezze, che non sono esempi da imitare in tutto. Male tornerà a sentirsi dopo una ricerca così estesa, così accanita. A differenza, però, delle altre volte la vorrà continuare, non tornerà in città a fine estate come programmato, rimarrà tra quella gente, quei monti, quei boschi perché lì più che altrove aveva vissuto momenti migliori, si era sentita più vicina al bene sperato. Penserà di ritrovare quei momenti, di farli diventare definitivi, di non perderli. Crederà di essersi avvicinata tanto alla meta da poterla raggiungere. È un bisogno dell’anima il suo e non poteva rinunciare!
Antonio Stanca
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