di Antonio Stanca –

Di Nikolàj Leskóv, giornalista e scrittore russo vissuto dal 1831 al 1895, la casa editrice Marcos y Marcos di Milano ha recentemente pubblicato il volume dal titolo Tre giusti (pp.243, €13,00). La traduzione è di Paolo Nori. L’opera contiene tre racconti intitolati L’angelo sigillato, scritto nel 1872 e pubblicato nel 1873, A proposito della Sonata a Kreutzer, scritto nel 1890 e pubblicato postumo nel 1899, e L’uomo di sentinella del 1887. Sono gli anni della maturità letteraria e artistica di Leskóv.
Egli aveva cominciato a scrivere nel 1860, a ventinove anni, dopo aver lavorato prima come copista e poi negli uffici amministrativi di un latifondista. Aveva abbandonato gli studi a sedici anni perché nessun interesse aveva mostrato nei loro riguardi e perché, orfano di padre fin da piccolo, erano caduti in miseria gli zii materni dai quali era stato allevato. Primi suoi scritti erano stati saggi di critica sociale e con questi aveva continuato dopo essersi trasferito, nel 1861, a Pietroburgo. Anche di romanzi e di racconti di vita ecclesiastica sarebbe stato autore durante i primi anni a Pietroburgo. Con le sue opere si era attirato le critiche degli ambienti progressisti, che lo consideravano un conservatore, e le simpatie degli ambienti aristocratici dai quali avrebbe ottenuto degli incarichi di rilievo. Col tempo, però, e dopo molti viaggi sarebbero riaffiorati in Leskóvquello spirito anticonformista, antitradizionalista che era stato di lui studente svogliato, contrario al sistema, e quel gusto per l’ironia, per la satira che pure gli apparteneva. Sarebbero stati questi aspetti del suo carattere ad orientarlo verso le opere migliori, quelle che lo avrebbero reso famoso per sempre. Non sarebbero, però, piaciute agli ambienti ecclesiastici e aristocratici che gli avrebbero negato i benefici prima concessi. Leskóv vivrà, quindi, del suo lavoro che oltre alla produzione di alcuni romanzi consisterà anche in quella di molti, moltissimi racconti. Tra questi rientrano i tre della recente pubblicazione nei quali come negli altri il “secondo Leskóv”fa trapelare il suo disappunto verso quello che nella Russia del secondo Ottocento, nella Russia degli Zar, era l’ordine costituito. Ne avrebbe fatto motivo di satira e intanto si sarebbe impegnato a creare personaggi provenienti dal popolo, poveri, umili, li avrebbe mostrati capaci di azioni buone, giuste, ne avrebbe fatto degli eroi. Non avrebbe usato nei lori riguardi quell’atteggiamento pietoso, compassionevole proprio di tanta letteratura a lui contemporanea, non li avrebbe rappresentati come persone deboli, escluse ma avrebbe cercato di ritrovare, di recuperare quanto in loro c’era di buono, quantovaleva. E questo sarebbe bastato per lui.Sarebbe stato sufficiente che fossero persone giuste, che pensassero, agissero bene per sé e per gli altri perché lo scrittore ne facesse dei modelli da seguire.
Un “nuovo cristianesimo” era quello di Leskóv, non era limitato entro i confini della chiesa, del clero, dei credenti, ma esteso ad ogni luogo, ad ogni persona. Di carattere morale, civile era questa sua religione, tutti vi potevano rientrare. Da qui la lunga serie di persone comuni, contadini, vagabondi, mercanti, che popolano i suoi racconti e tra le quali rientrano l’operaio del primo racconto di questa raccolta, la madre del secondo e la sentinella del terzo. L’operaio, per assicurare il benedei suoi compagni di lavoro, era riuscito ad attraversare un fiume in piena camminando sugli anelli di una catena e tenendosi in equilibrio grazie ad un’asta di legno, la madre tradiva il marito, lo odiava, cercava con altri il piacere e tuttavia si era lasciata annegare nelle acque della palude dove era stato sepolto dall’autorità sanitaria il suo bambino morto di difterite, la sentinella aveva accettato di essere frustata perché aveva abbandonato il posto di guardia anche se lo aveva fatto per salvare un uomo in fin di vita.
Ad esempi, a simboli di amore, di bene terrenoLeskóv fa assurgere le azioni di queste e di tante altre persone comuni. Non c’era vita oltre la realtà per lo scrittore. In terra egli rimane, tra gli uomini si stabilisce e una nuova religione indica per questa condizione.
Molto originale risulterà Leskóv nel contesto storico, culturale, letterario, artistico della Russia della seconda metà del XIX secolo e non solo per i contenuti ma anche per la forma delle sue opere. Sempre animata sarà la sua scrittura, sempre vivi, veri sembreranno i suoi personaggi poiché sempre impegnati a parlare da soli o con altri li mostrerà. E’ la tecnica dello skaz quella che Leskóv adopera largamente e che consiste nell’uso di discorsi diretti, immediati, improvvisati, di discorsi che risentono della lingua popolare, dialettale e che rendono più evidente l’origine, la condizione sociale dei loro autori, più autentici li fanno apparire. Anche dai canti epici russi, che per secoli si erano conservati nella tradizione orale, attinge Leskóv per i suoi racconti che come quelli, a volte, non si distinguono dalla favola erimangono tra verità e invenzione.
Di tutto si serve lo scrittore, tutto usa per far risaltare l’intenzione che una persona qualunque può nutrire, l’azione che può compiere solo perché è giusta, la vede giusta e il giusto vuol fare.E’ diventato distintivo della narrativa di Leskóv questo tipo di personaggio, l’ha resa unica e le ha procurato una notorietà che non è mai finita.

Antonio Stanca