Le rondini e il sogno
di Marcello Buttazzo –
D’estate, ogni estate, il cielo paesano si popola di rondini libertarie e anarchiche. Le aspetto, ogni mattina, dopo il sorgere dell’aurora. Le incontro, ogni mattina, nelle mie scorrerie, nelle mie passeggiate per le vie di Lequile. Sono rondini di ritorno, che dopo viaggi estenuanti sono rientrate nei loro posatoi, per annunciarci la primavera e l’incedere dell’estate. Sono rondini scure e bellissime, che coi loro voli radenti disegnano in piazza arabeschi d’allegrezza. San Vito, la statua del Santo Patrono, il Santo protettore, Santo Bambino, le osserva con stupore, con rinnovata meraviglia. Le rondini mi hanno sempre attratto, incantato. Fin da fanciullo, il loro volteggiare, il loro sfiorare il suolo per poi risalire, mi è sembrato come la metafora del sogno. Il sogno che ci prende e mai ci lascia. Il sogno che, anche nell’età matura, che volge verso la fase ultima, si fa più piccolo che può. E non ha mai fine. A tutte le età, il sogno è lo stratagemma esistenziale, che ci tiene ancora in vita. Al cospetto d’una realtà dura, ferrigna, aspra, talvolta brutale, abbiamo bisogno di sognare sempre più sorgenti d’acqua pura e fresca. È uno spirito di conservazione, per continuare ad esserci, a stare, per non perire, per non sfiorire. Il sogno è il bacio fanciullo, che desideravamo da nostra madre. Le sue carezze, la sua accoglienza, il suo vederci come unici e irripetibili. Il sogno è il desiderio, che ci libera dalle catene della realtà asfittica, e ci fa entrare in un modo di piccole cose, cose minuscole, bellezze francescane. Il sogno è anche il ricordo, lo scavare con piglio antropologico nelle pieghe del rosso, nella terra avita dell’infanzia, nelle scaturigini d’ogni cominciamento. Il sogno è la potenza evocativa della reminiscenza. Di fatto, la ricordanza, anche quando è melanconica, è fonte d’una inesausta e inesauribile forza e ricchezza. Quante volte, abbiamo pensato all’affettuosità d’una donna importante della nostra esistenza? Quante volte abbiamo rammemorato pensamenti della musa, i suoi occhi chiari come i mari del Sud? Quante volte ci siamo soffermati sul fatto che ci ha lasciato ed è fuggita via da noi? Ma nessuna tristezza ci ha sovrastato. Il ricordo di lei è sempre vivido di gioia e di felicità. Si sogna davvero per non morire. È un piccolo antidoto, il sogno, contro alcune brutture della contemporaneità. Il sogno e tutti i beni immateriali che rendono questa esistenza ancora respirabile: l’amore, l’amicizia, il dono, la gratuità, la compartecipazione, l’attesa, la speranza, la libertà. Si sogna per essere individui migliori, più contegnosi. Si sogna per restare ancorati di più con i piedi per terra. E le rondini che drappeggiano il cielo sono sogno. Le rondini sono l’attesa della primavera e il ritorno dell’estate. Le rondini, coi loro voli, affermano che un mondo più libero è ancora possibile. Un mondo senza preconcetti, senza striscianti viltà, senza verità precostituite, senza meschinità del pensiero. Un mondo dove ciascuno sia libero d’amare come meglio crede, nel modo in cui crede. Amare e amare. E morire folli, folli, folli d’amore. Il sogno è il collante che unisce i versi dei poeti, che sono dei visionari e sognatori per antonomasia. A tal proposito, vi propongo una poesia di Dino Campana, che è stato un grande sognatore orfico:
Pace non cerco, guerra non sopporto
Tranquillo e solo vo pel mondo in sogno
Pieno di canti soffocati. Agogno
La nebbia ed il silenzio in un gran porto.
In un gran porto pien di vele lievi
Pronte a salpare per l’orizzonte azzurro
Dolci ondulando, mentre che il sussurro
Del vento passa con accordi brevi.
E quegli accordi il vento se li porta
Lontani sopra il mare sconosciuto.
Sogno. La vita è triste ed io son solo.
O quando o quando in un mattino ardente
L’anima mia si sveglierà nel sole
Nel sole eterno, libera e fremente.
Marcello Buttazzo
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