di Antonio Stanca –

Kike Ferrari è nato a Buenos Aires nel 1972, ha quarantotto anni, ha svolto i lavori più diversi, per lavoro era emigrato con la famiglia negli Stati Uniti ma poi erano rientrati a Buenos Aires dove attualmente vivono. Lui è impiegato presso la metropolitana della città e al suo attivo ha la collaborazione con riviste non solo argentine e la pubblicazione di romanzi e racconti. Importanti premi sono stati spesso assegnati ai suoi lavori e riconosciuto è stato il suo impegno nel campo editoriale. Il genere poliziesco sembra da lui preferito, è stato quello che gli ha fatto superare i confini nazionali e raggiungere il pubblico francese, spagnolo, cubano e altro. Anche all’estero Ferrari ha visto premiate le sue opere, ha assistito a molte loro ristampe. Di recente c’è stata quella di un suo romanzo del 2011, Da lontano sembrano mosche, realizzata dalla Feltrinelli nella “Universale Economica”. La traduzione è di Pino Cacucci. Prima che in Argentina l’opera era comparsa in Spagna e poi in Francia. Ha anch’essa i caratteri del romanzo poliziesco ma si discosta perché non si concede alle lunghe indagini che seguono un misfatto e che sono proprie di questo genere. Il misfatto qui rimane avvolto nel mistero, non si capisce chi l’ha compiuto poiché altri sono gli scopi che l’autore persegue. L’intera opera comprende una sola lunga giornata vissuta da un uomo d’affari di Buenos Aires, il signor Machi. Possiede grosse aziende, è molto ricco, ha rapporti in ogni ambito, trascura l’ambiente domestico, si concede alle perversioni sessuali e ad altri vizi, non ha paura di niente, tiene la sua polizia privata, sfrutta i dipendenti, in alcuni casi si permette di trattarli nel peggiore dei modi, è volgare, ignorante, senza scrupoli. Tutto procede, tutto funziona intorno a lui anche se nei modi meno corretti, meno dignitosi.

Tutto funziona fin quando una mattina di quei lontani anni ’90, nei quali è ambientata l’opera, il signor Machi non ha un problema meccanico mentre sta a bordo della sua macchina di grossa cilindrata. Apre il bagagliaio per prendere quanto necessario a sostituire la gomma e vi scopre un cadavere irriconoscibile, insanguinato e ammanettato. Dopo molto tempo e molti tentativi riesce a cambiare la ruota ma ormai è in preda allo spavento, alla paura, alla confusione. Non capisce chi può essere stato a compiere un’azione così malvagia, ad uccidere e collocare il morto trasfigurato nella sua macchina, non sa come, cosafare, non riesce ad ordinarsi e gira per molto tempo con la BMW nei quartieri periferici della città in cerca di un posto dove liberarsi da quel peso orrendo. Alla fine lo troverà, si libererà ma intanto si è sporcato di sangue, di terra e di tutto quanto aveva richiesto un’operazione che per lui era stata completamente nuova e molto difficile. Cercherà la strada per tornare a casa, la troverà, rientrerà nella sua abitazione e qui finalmente sembrerà placarsi quella tempesta che per tutta la giornata aveva attraversato la sua mente, non gli aveva mai fatto smettere di pensare a cosa, a chi ci poteva essere dietro un fatto simile. Un giorno intero gli aveva richiesto ma ora è sera, è a casa, si è pulito di quanto lo aveva insudiciato e pur pensandoci ancora si sente meglio, più libero, più rilassato. Quando, però, apre l’armadio per prendere quanto gli occorre vi trova un altro cadavere, stavolta impiccato con una sua cravatta. Ripiomba nel terrore, nel dramma di quella giornata. Non era finita, continuava ad assalirlo, a colpirlo, a terrorizzarlo senza che si capissero i motivi, si sapessero i responsabili. Così si conclude l’opera mostrandosi, s’è detto, di un particolare genere poliziesco. Quel che importa a Ferrari è accusare quella classe borghese che nell’Argentina degli anni ’90 si è arricchita grazie allo sfruttamento dei poveri, dei diseredati, alla clandestinità, alla illegalità. Vuole denunciare Ferrari e i modi usati in questo libro gli sembrano i più idonei: il signor Machi, proprio quello che pensava di non avere niente da temere, è mostrato esposto a tante paure, a tanti pericoli, la sua mente è mostrata carica di tanti sospetti, non gli permette nessuna quiete, lo fa dubitare di tutto e di tutti. Poco chiare erano state le origini del suo successo, del suo potere, della sua ricchezza e così sarà d’ora in avanti per la sua vita: non saprà chi lo perseguita, perché lo fa.

Una critica, un attacco alla società, ai tempi che hanno permesso la formazione, la proliferazione di simili personaggi vuole essere il libro del Ferrari, una protesta di carattere sociale, civile, morale riguardo ad un fenomeno che non è cessato di esistere.

Antonio Stanca