Il catechismo femminista di Michela Murgia
di Antonio Stanca –
Lo scorso Novembre Michela Murgia ha pubblicato presso Einaudi, nella collana “Stile Libero Big”, God Save the Queer (Catechismo femminista). È un saggio dove discute del problema del rapporto tra femminismo e cattolicesimo. Lo ha fatto altre volte, con altri saggi, per altri problemi. Molte sono state le sue presenze, molti i suoi interventi, i suoi contributi in convegni, nazionali e internazionali, che riguardavano fenomeni, avvenimenti di interesse generale. Non solo scrittrice, saggista, sceneggiatrice vuol’essere la Murgia ma anche l’intellettuale impegnata nella realtà, nella vita, nella storia del momento. Vuole apportare la sua spiegazione, la sua interpretazione, il suo aiuto a comprendere quanto sta succedendo, quanto i tempi nuovi hanno provocato e continuano a provocare, quali contrasti sono insorti tra passato e presente, quanti non sono stati ancora risolti.
Nata a Cabras, in Sardegna, nel 1972, aveva studiato fino alle superiori e poi si era dedicata ad attività di vario genere. Nel 2006 aveva esordito nella narrativa con Il mondo deve sapere, romanzo che le era stato ispirato dal suo lavoro in un’agenzia pubblicitaria. Ne era stato tratto uno spettacolo teatrale e poi un film per il quale anche lei si era applicata. La notorietà sarebbe giunta dopo, con altri romanzi, i saggi, le sceneggiature, i riconoscimenti, i premi e l’evidenza assunta in ambito sociale con i suoi interventi. Importante è per la Murgia far sapere, rendere pubbliche le maturazioni dei suoi pensieri, i risultati delle sue riflessioni, delle sue scoperte. E non solo i suoi interventi, i suoi saggi ma anche la sua narrativa proviene da questa aspirazione. Un’opera di divulgazione vuol’essere il suo lavoro qualunque sia il genere. Vuole dire la Murgia di quanto avviene, procede, si sviluppa, cambia, si rinnova, si trasforma, di quanto si ferma, si esaurisce, finisce nella vita, nella storia. Per trattare di una situazione così complessa, varia, contraddittoria, per assumersi un compito così impegnativo, servono mezzi, strumenti specifici, servono conoscenze quanto mai ampie, di ogni genere. Di confronti si deve dire, di valutazioni, differenze tra tempi, luoghi, usi, costumi, pensieri, azioni, vita, opere e tanti sono gli aspetti che di simili argomenti fanno parte. Di essi ha mostrato di sapere la Murgia, con essi ha costruito i suoi discorsi, i suoi romanzi, i suoi saggi compreso quest’ultimo dove un altro “nodo” è venuto al suo “pettine”, un’altra polemica l’ha chiamata in causa, quella del rapporto tra femminismo e cattolicesimo.
Lei, femminista e cattolica, è giunta a chiedersi se la sua posizione, che è di tante altre donne, può essere possibile. In verità non sono pochi i segnali che in ambito religioso si mostrano contrari dal momento che quel patriarcato contro il quale il femminismo tanto combatte è uno degli aspetti fondamentali della religione cristiana. E la Murgia lo va a scoprire, lo porta alla luce tramite un viaggio che compie all’indietro, nella sua vita, nella sua formazione, nella storia del cristianesimo. Se ha fatto parte della religione il patriarcato si è radicato in modo tale da valere fino ai tempi moderni e diventare difficile, quasi impossibile da estirpare. Ma non è solo questa la verità che la saggista scopre nel suo viaggio. Saprà pure che nel cristianesimo insieme a principi unici, invariabili, inflessibili, ci sono altri più aperti, più disposti ad accogliere, ad includere, più Queer, e di questi riuscirà ad addurre le prove. Lo farà tramite la rilettura del Credo e una diversa raffigurazione e interpretazione dell’immagine della Trinità. Saranno indiscutibili le verità alle quali la porteranno queste operazioni. Ha scritto il libro perché necessario ha ritenuto farle conoscere, perché ha scoperto che anche nel più remoto cristianesimo c’era stato posto per la donna, anche allora la sua funzione, il suo valore erano stati riconosciuti. Una rivelazione che spalancava al femminismo una porta rimasta sempre chiusa, gli procurava un supporto fondamentale perché di carattere religioso, eliminava dal suo percorso un ostacolo tra i più difficili.
Ancora una volta la Murgia vinceva, ancora una volta la sua opera risultava accessibile anche se molto colta, il suo linguaggio molto sobrio, il suo tono molto polemico.
Antonio Stanca
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