di Antonio Stanca –

Un romanzo breve di Emmanuel Carrère, La settimana bianca, è uscito di recente allegato al quotidiano la Repubblica. La traduzione è di Maurizia Balmelli. Carrère lo pubblicò nel 1995 e fu l’ultimo che scrisse prima di intraprendere un nuovo corso nella sua narrativa, prima di passare da quella d’invenzione a quella di realtà ben precise, ben documentate. Con il famoso L’avversario del 2000 sarebbe iniziata questa nuova fase. La prima si era composta di personaggi immaginari, della loro analisi psicologica, del rapporto tra realtà e illusione, tra quanto è vero e quanto inventato.

Carrère vive a Parigi dove è nato nel 1957. Ha sessantacinque anni ed oltre che scrittore è saggista, giornalista, regista, sceneggiatore. È considerato uno dei maggiori scrittori francesi contemporanei. Suoi primi lavori sono stati interventi di critica cinematografica su giornali e riviste. Negli anni ’80 ha esordito nella narrativa con L’amico del giaguaro ed ha continuato fino ai tempi più recenti ed agli sviluppi più diversi. Da suoi romanzi sono stati tratti film di successo nei quali si è impegnato come regista o come sceneggiatore. Anche in televisione ha lavorato. Premiato è stato molte volte per la narrativa e per il cinema.

Ne La settimana bianca scrive del piccolo Nicolas che viene accompagnato in macchina dal padre in uno chalet piuttosto lontano da casa per trascorrere insieme ad altri bambini la “settimana bianca”, dieci giorni da vivere in gruppo e da impegnare in apprendimenti diversi da quelli propriamente scolastici, danza, musica, esercizi del corpo, della mente, escursioni ed altri. Saranno guidati da una maestra e da due animatori. Nicolas ha un fratello ancora più piccolo, René, che è rimasto a casa. La sua è una famiglia tradizionale, molto attenti sono i genitori nei suoi riguardi, molto apprensivi, molto preoccupati che possa essere disturbato, agitato da qualcosa. Difficile è stato che si convincessero a farlo partecipare alla “settimana bianca”, a farlo stare insieme a tanti altri bambini, ad esporlo al rischio di qualche brutta esperienza. In segreto, però, Nicolas vive una vita completamente diversa perché fatta di sogni, visioni, immaginazioni che non sono per niente tranquille, rassicuranti ma cariche di tensione, di paura, di terrore. Gli sono derivate dalla lettura di un vecchio libro, Storie spaventose, che in casa legge di nascosto. A quelle storie altre aggiunge la sua fantasia ancor più tragiche, più torbide. Con facilità la sua mente è portata ad immaginare disgrazie, catastrofi, a vederle compiersi in posti da lui frequentati, la casa, la scuola, lo chalet, a vedervi vittime tra le persone più vicine, più familiari. Scene di una vita gravida di sciagure, rapimenti, uccisioni, sono quelle che percorrono quasi in continuazione i suoi pensieri. E lo faranno fino a portarlo a concepire, a realizzare una delle sciagure pensate. Anche quel padre tanto attento, tanto premuroso, viveva una vita diversa da quella esibita, una vita sospetta. Entrambi, padre e figlio, diventeranno colpevoli di un gravissimo reato nei confronti addirittura di René. Inorriditi saranno quelli che li conoscevano mentre per loro era successo di non riuscire più a distinguere tra quanto pensato e quanto fatto, tra quell’illusione e quella realtà delle quali vivevano, tra il disastro immaginato e quello effettuato.

Erano i temi propri del primo Carrère che, insieme all’altro dell’analisi psicologica dei personaggi, hanno fatto de La settimana bianca un vero e proprio noir. È considerata la più completa tra le prime opere dello scrittore. A questa valutazione ha contribuito la forma espressiva chiara, scorrevole.

Maestro si è mostrato Carrère in quello che all’inizio era il suo genere!

Antonio Stanca