Dall’ombra all’essere, dialogando con Maurizio Mazzotta
di Marcello Buttazzo –
Martedì 9 novembre, presso la Biblioteca Bernardini di Lecce, s’è svolta la presentazione del romanzo “Dapprima erano ombre” di Maurizio Mazzotta. Nella sala denominata “Fabbrica delle parole”, ha avuto corpo e spirito un incontro dal sapore particolare, intensamente partecipato, che ha offerto spunti significativi di riflessione. E di meditazione.
Ho avuto il piacere di dialogare con Maurizio, uomo speciale e di riguardo. Mauro Marino ha introdotto la serata, ricordando, fra le altre cose, come Maurizio Mazzotta sia molto fecondo nella sua capacità inerente di tessere relazioni, molto produttivo nella sua multiforme attività. Maurizio è uno psicologo, che ha condotto studi e ricerche, tra l’altro, sulla creatività e sull’affettività. Autore di diverse monografie, alcune edite da Giunti Lisciani. Maurizio ha l’hobby del narrare e raccontare tramite il medium dei romanzi e con i video. Nei suoi film e nei suoi romanzi il pensiero dominante è l’essere umano, vero fulcro d’interesse, con uno sguardo di riguardo alla donna, capace di accogliere e di comprendere. Per i suoi film, Maurizio ha ricevuto numerosi premi. A volte, ci chiediamo se la poesia e la scrittura salveranno il mondo? Quesito arduo, troppo impegnativo, in verità. Di certo, la letteratura è un buon antidoto per scovare le pieghe intime della bellezza. E tanta dirompente bellezza (bellezza umana) ho trovato in questo ultimo romanzo di Maurizio Mazzotta “Dapprima erano ombre” (edito da Essere Uomo). Mediante la scrittura si può penetrare pazientemente fra le maglie dell’interiorità, interrogando le coscienze, scavando pianamente nel rosso sangue delle anime. La scrittura può essere anche autobiografica (come sembrerebbe nel caso di questo romanzo “Dapprima erano ombre”), senza tuttavia che l’Autore si ripieghi sulla propria persona. È questo un insegnamento della parola contegnosa degli autori, che sanno mostrare propri vissuti e, al contempo, aprono squarci vividi di storie universali.
Creatività è un termine variabile, multipolare, che è correlato all’uso appropriato della parola, al saper maneggiare con arguzia e con sapienza la vita, questo incedere incerto per i cammini dell’alterna ventura. In “Dapprima erano ombre”, ho trovato altamente creativo il processo trasformativo del protagonista Giovanni Guerriero, che passa da una giovinezza dura, spigolosa, intransigente, ad una maturità dei cinquant’anni morbida, produttiva, grazie all’incontro umano con la Musa d’elezione Rosamaria Astolfi. Scorre agevolmente e in modo intrigante la narrazione delle vicende giovanili del protagonista, dalla sua laurea in Lettere fino ai primi anni di insegnamento; dai suoi rapporti con gli altri, fino alle storie di sesso a temine con varie donne; dalla sua mansione di responsabilità enorme come preside nelle scuole, ai suoi costruttivi corsi di formazione per giovani operai. Il romanzo è anche un riverbero fedele di accadimenti politici, dei fermenti tipici degli anni ’70 con ricordi sdegnati dello stragismo nero e di tanti altri risvolti. Altresì, balenano palesemente gli ideali umanitari di Giovanni, uomo d’amore. Nel corso della serata di martedì 9 novembre, ho potuto interloquire con Maurizio, al quale ho rivolto alcune domande, che riporto di seguito, con relative risposte:
- La forza creativa della parola in che modo può giovare a una vera e propria palingenesi del mondo? Poeta è colui che crea, che produce. E, per esteso, anche il narratore. In che modo la scrittura ti ha aiutato a metabolizzare le varie evenienze, a incanalare le eventuali rabbie, a modulare e a mediare gioie, dolori ed ebbrezze?
(Risposta Maurizio). Come psicoterapeuta credo nella forza liberatoria della espressività. Il raccontare le proprie ansie – dubbi, incertezze, pene – serve come catarsi. Una pratica terapeutica antica, si può dire. Certo non tutti sono in grado, o hanno addirittura voglia di scrivere o dipingere o musicare. Lo psicoterapeuta deve essere attento nell’affidarsi a pazienti compiti del genere, potrebbe creare nuove frustrazioni. A me certamente è servito. Abituato a scrivere e a narrare, ho creato una storia accostandomi e allontanandomi dalla mia storia, consapevole che ricordi e fantasie, soprattutto l’analisi di ciò che di bello o di brutto accade a ciascuno di noi mi avrebbe permesso di prendere le distanze emotive dalle vicende della mia vita.
- Giovanni Guerriero è un uomo complesso, con luci estese e, nella giovinezza, con qualche zona di poca affidabilità nel rapporto con l’altro sesso. Secondo te, in quale fase della sua esistenza, Giovanni fa emergere il lato più radioso del suo sé?
(Risposta Maurizio). Quando raduna giovani operai a casa sua per insegnare loro soprattutto a discutere, a tollerare le idee degli altri e al contempo ad affermare le proprie. Ricordo perfettamente quelle serate, erano operai di vent’anni ma avevano il piglio di certi studenti di filosofia, veramente erano gli anni a creare menti vigili e intense, gli anni Settanta, che nel mezzo delle angosce facevano fiorire speranze e con esse voglia di cambiamento.
- L’incontro con la Musa Rosamaria è un sommovimento intenso, uno stravolgimento totale in positivo della vita di Giovanni. Una Musa di lucore può salvarci la vita?
(Risposta Maurizio). È ciò che spero, insomma in cui credo, per questo ho scritto il romanzo, per dimostrare che l’incontro con l’altro/altra produce crescita se ambedue hanno un progetto di vita, anche di lavoro, quella crescita che invano perseguiamo da soli o con incontri superficiali. Il protagonista per la relazione con Rosamaria supera i suoi blocchi affettivi e dà il meglio di sé nel rapporto con questa donna.
- Giovanni nell’indole è un uomo forte e debole, è anche un fanciullo. Conservare lo stupore e la meraviglia può servire al processo creativo? Al pari della vita tutta intesa come gioco? Come un serio gioco da bambini?
(Risposta Maurizio). Direi di più, stupore e meraviglia sono proprie di una personalità creativa autentica. Il creativo vive la vita come un gioco. Attenzione però! Il gioco è il sottofondo. Al poeta (intendo l’individuo che si esprime con qualunque linguaggio espressivo o in altri aspetti della personalità) accade tutto ciò che accade a chiunque, la differenza, ma non sempre purtroppo, sta nella risposta: il creativo recupera più rapidamente e meglio.
Nella “Fabbrica delle parole” della Biblioteca Bernardini, abbiamo trascorso un’ora di compartecipazione. La passione di Maurizio Mazzotta nel raccontare, nel narrare, ha coinvolto tutti, nella consapevolezza che la compagnia diffusa possa giovare alla crescita sostanziale della persona. Le letture dei brani tratti da “Dapprima erano ombre” sono state curate da Maurizio Mazzotta e dalla scrittrice Marirò Savoia, moglie di Maurizio.
Marcello Buttazzo
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