Camilleri e De Mauro, insieme per la lingua…
di Antonio Stanca
L’opera risale al 2013, quando era uscita presso Laterza, e recentemente è stata ristampata per conto del quotidiano “la Repubblica” col quale è comparsa in allegato. S’intitola La lingua batte dove il dente duole e contiene un dialogo avvenuto tra lo scrittore Andrea Camilleri e il linguista Tullio De Mauro.
Due personaggi molto noti in ambito culturale e letterario si confrontano, discutono sul problema del rapporto tra lingua italiana e dialetto, sui motivi storici, sociali, culturali che sono stati alla sua base, su come si è andato configurando nel corso dei secoli, sugli aspetti che oggi ha assunto.
Camilleri è nato a Porto Empedocle, Agrigento, nel 1925, ha novantadue anni e dopo essere stato regista di teatro, televisione e radio, dopo aver insegnato regia presso l’Accademia Nazionale di Arte Drammatica, ha ripreso con l’attività che era stata la sua prima, quella dello scrittore di romanzi e racconti, in precedenza pure di poesie. E’ diventato, ormai da anni, un autore molto noto, molto letto, molto tradotto e il tema dell’intreccio, del mistero, dell’indagine volta a svelarlo, che è stato proprio della sua ultima fase, gli ha procurato il maggiore successo anche perché molti dei suoi romanzi hanno avuto una riduzione televisiva. Particolarmente apprezzata dal pubblico dei lettori e degli spettatori è stata la figura del commissario Salvo Montalbano, che in televisione è interpretata dall’attore Luca Zingaretti.
Altri elementi che distinguono la produzione narrativa del Camilleri sono l’ambientazione nei tempi, nei luoghi della sua Sicilia e la lingua usata che risulta abilmente combinata tra l’italiano e il dialetto siciliano.
De Mauro, nato a Torre Annunziata (Napoli) nel 1932, è morto di recente a ottantacinque anni. E’ stato professore ordinario di Filosofia del Linguaggio e di Linguistica generale presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Molti studi ha condotto riguardo alla linguistica generale, alla semantica teorica e storica, alle vicende attraversate dalla cultura e dalla lingua italiane dopo l’Unità. In seguito è passato a studiare il rapporto tra i nuovi mezzi di comunicazione e la società moderna. Ha coordinato i lavori per la pubblicazione degli otto volumi del Grande Dizionario Italiano dell’uso. E’ stato autore di molte opere di saggistica, alcune più volte ristampate e tradotte, e di dizionari relativi a particolari aspetti della lingua italiana. Ha collaborato con giornali quali “Il Mondo” e “L’Espresso”. E’ stato Accademico della Crusca, Socio dell’Accademia dei Lincei, ha fondato associazioni finalizzate allo studio delle lingue e nominato doctor honoris causa in molte università straniere è stato De Mauro.
Non era la prima volta che i due “grandi” s’incontravano giacché hanno vissuto gli stessi tempi, si conoscevano e altre volte si erano trovati a parlare del loro lavoro, dei loro trascorsi, di lontane esperienze, di amicizie, a scambiarsi molti ricordi, alcuni relativi a circostanze rimaste memorabili, divenute storiche per la cultura e la letteratura d’Italia.
Neanche stavolta, in questo dialogo, sono mancati i ricordi di quanto, persone e cose, ha fatto parte della loro vita, di come, di dove sono vissuti, si sono formati, di cosa hanno prodotto uno come scrittore, l’altro come linguista. Ma l’argomento sul quale si sono concentrati i loro discorsi è stato quello del lungo, prolungato rapporto verificatosi in Italia tra lingua e dialetto, della difficile, faticosa formazione, costituzione, definizione dell’italiano.
E’ un processo molto lungo quello che risalta da questo dialogo, un processo che prende le mosse dalle manifestazioni più remote della lingua italiana, che fa assistere ai tanti, diversi scambi, contrasti intercorsi col dialetto, o meglio con i dialetti delle tante regioni d’Italia, e che svela verità, fenomeni rimasti ancora sconosciuti o appena conosciuti. E’ soprattutto De Mauro ad illustrare, chiarire, spiegare tanti problemi, tanti momenti verificatisi nei secoli riguardo ad una lingua che più di ogni altra ha faticato per vedersi realizzata, per emergere su una situazione politica, sociale, culturale, civile tra le più complicate quale quella italiana dei tempi passati. Soprattutto dalle parole di De Mauro molto viene portato alla luce di quanto era rimasto finora ai margini delle conoscenze diffuse oppure non era stato valutato con attenzione.
Importante risulta questo libro poiché a risultati finalmente definitivi giunge, molte opinioni ancora correnti ed ancora confuse cancella, molti dubbi chiarisce. Tra questi in particolare corregge quello che sempre ha fatto pensare al dialetto come ad un ostacolo per la formazione della lingua italiana. De Mauro dimostra, invece, l’importanza, la necessità del dialetto, fa capire che molto utile è stato per l’italiano, spiega che se ha resistito fino ad oggi malgrado i tanti tentativi per cancellarlo, sia dopo l’Unità d’Italia sia nel periodo fascista, significa che è collegato con un contesto umano, sociale, culturale, politico, economico che l’italiano ancora non ha come dimostra il fatto che l’Italia non è ancora tutta italiana riguardo alla lingua.
E’ l’argomento principale del problema discusso dai due interlocutori, che di tanto altro pure dicono. Di testimonianze, documenti, citazioni di opere di autori antichi e moderni, italiani e stranieri, si arricchiscono in continuazione i loro discorsi che, tuttavia, diventano tristemente rammaricati in conclusione, quando giungono ai tempi moderni. Quando, cioè, sono costretti a riconoscere che una lingua come l’italiano, che ancora stenta a diventare di ogni luogo, di ogni persona, deve combattere oggi con quella dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, con i loro linguaggi ormai tanto diffusi da rappresentare un vero e proprio pericolo soprattutto per i giovani di età scolastica che dovrebbero apprendere l’uso, scritto e orale, dell’italiano. La nostra lingua non si è ancora completamente definita, non si è del tutto compiuta e si è trovata di fronte a nemici che non aveva previsto e che sono molto più pericolosi di altri precedenti. E’ una situazione grave anche perché non si può sapere quando e se finirà, quando e se si potrà dire della lingua italiana come di una conquista ultima, definitiva.
Antonio Stanca
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