di Antonio Stanca –

Una recente edizione italiana del romanzo Le strane storie di Fukiage della giapponese Banana Yoshimoto è comparsa nella serie “Universale Economica Feltrinelli”. La traduzione è di Gala Maria Follaco. L’opera risale al 2017 e come altre della Yoshimoto ha incontrato il favore del nostro pubblico, ha portato di nuovo alla sua conoscenza i temi principali della scrittrice, la crisi, cioè, dei valori morali, dei principi spirituali che i moderni costumi, sistemi di vita hanno provocato essendosi adeguati a valori, principi soltanto materiali, a beni soltanto reali. Sono i tempi, gli ambienti conseguiti alla rivoluzione scientifica ed alle sue applicazioni tecnologiche. Si potrebbe parlare come del risvolto necessario di questo fenomeno e, tuttavia, specie in ambito artistico non si è mai finito di pensare al recupero, alla rivalutazione di quanto dell’anima si è perso, di quanto del sentimento è stato eliminato in epoca moderna. La Yoshimoto è tra gli autori che ha fatto di questo l’argomento centrale della sua scrittura. Non c’è opera che non si mostri impegnata a discernere tra prima e dopo, tra vecchio e nuovo, che non cerchi di salvare quanto di sentimentale, d’ideale sia ancora possibile in tempi come i nostri.

Da quando nel 1991, a ventisette anni, si è fatta conoscere in Italia con Kitchen, suo romanzo d’esordio, la Yoshimoto ha continuato ad avere successo da noi, è diventata molto letta, nel 1993 le è stato assegnato il Premio Scanno, nel 1999 il Premio Maschera d’Argento, nel 2011 il Premio Capri. Un caso letterario si può dire che sia diventato il suo, profondo, intenso è il linguaggio della scrittrice, niente trascura di quanto avviene nello spirito, in quella vita interiore che nessuna contingenza può tenere nascosta. Con facilità, con semplicità fa parlare l’anima, con naturalezza fa sapere dei suoi bisogni, dei suoi movimenti pur in tempi difficili per loro. Succede così anche in Le strane storie di Fukiage dove due gemelle ancora bambine, Mimi e Kodachi, in seguito ad un incidente stradale hanno perso il padre e tengono la madre addormentata, in coma, da molti anni. Sono state affidate ad una coppia di amici dei genitori che a Fukiage gestiscono una gelateria e che sono contenti di provvedere ad un simile bisogno. Arrivate a diciotto anni le gemelle pensano di trasferirsi a Tokyo perché esperienza utile la ritengono alla loro formazione, maturazione. Succederà, però, che Kodachi non si faccia più trovare, che si muova per conto proprio, che cerchi esperienze personali, che voglia imparare, sapere poiché non smette di pensare che la madre si potrebbe svegliare. Kodachi è stata sempre più intraprendente di Mimi, più decisa, più concreta. Non bada alla forma quanto alla sostanza. Non hanno mai pensato, tuttavia, a separarsi, sono diverse ma non riescono a pensarsi divise giacché insieme si completano. Si mette, quindi, Mimi alla ricerca di Kodachi in quella strana città di Fukiage e saranno tanti i posti, il Castello, la casa dell’Arcobaleno, l’Orto Botanico, tanti i personaggi, le sensitive, gli ultimi esponenti degli antichi feudatari, il guardiano del cimitero, che le si riveleranno. Saprà di molte storie ma anche di molte leggende, di molte verità ma anche di molti misteri. Sarà come tornare indietro e portare alla luce tanta vita sommersa, quella di chi c’è stato prima e prima ha visto, ha pensato, ha fatto. Con le proprie origini, le proprie tradizioni viene a contatto Mimi durante la ricerca ed è la maniera più naturale perché passato e presente giungano a confrontarsi e lascino a chi legge la possibilità di rilevare quanto si è perso di un patrimonio che era durato secoli e che in poco tempo è finito.

Quando, però, le sorelle si saranno ritrovate, quando una di loro si sarà sposata, quando la madre si sarà risvegliata, penseranno tutte a rimanere vicine, a vivere insieme, a tornare unite. È ben poco rispetto a quanto di grave intorno a loro è successo, ma è il loro sogno. Hanno voluto sapere del loro passato non per custodirlo ma per riviverlo, per continuarlo!

Antonio Stanca