Bambarén, un successo da favola
di Antonio Stanca –
Quest’anno, a Febbraio, per conto di Mondadori Libri, con la traduzione di Anna Pastore e su licenza di Sperling & Kupfer, è stato ripubblicato Il delfino, prima opera dello scrittore peruviano, naturalizzato australiano, Sergio Bambarén. La pubblicò nel 1995 per conto proprio poiché non aveva accettato le modifiche che la Random House Group, nota casa editrice australiana, gli aveva proposto. Quell’anno in Australia Il delfino vendette più di centomila copie e subito dopo venne tradotto nelle lingue e nei dialetti di quaranta paesi. Un successo che, pur se non uguale, si sarebbe ripetuto con le altre opere dell’autore. Sarebbero state molte tra favole come Il delfino, romanzi e racconti. In Italia la Sperling &Kupfer avrebbe provveduto alla loro pubblicazione.
Bambarén è nato a Lima nel 1960, qui ha studiato fino alla maturità, poi è vissuto per molto tempo negli Stati Uniti dove si è laureato in Ingegneria Chimica. Si è, infine, trasferito in Australia, a Sidney, dove ha lavorato per una multinazionale, è diventato un esperto surfista e si è interessato di ecologia, soprattutto di quella relativa alla salvaguardia dei mari e della loro fauna. Sono gli anni ’90 e Bambarén decide di compiere un lungo viaggio tra il sud dell’Asia e le coste dell’Africa. Cercava “l’onda perfetta” ma non ci riusciva. La troverà in Portogallo, sulla spiaggia di Guincho, e da essa si sentirà ispirato a scrivere Il delfino, dove dirà di un giovane delfino, chiamato Daniel Alexander Dolphin, che abbandona il suo branco, la sua laguna e s’inoltra da solo nell’immensità dell’oceano. Insegue il sogno di una vita diversa, migliore rispetto a quella dei suoi compagni, vuole andare oltre i limiti tra i quali era stato con loro, ascoltare la voce invisibile che gli si è rivelata, la voce del mare. Questa sente ogni tanto e lo esorta a non rinunciare a quanto desiderato, a nutrire i suoi sogni a costo di gravi sacrifici. Gli dice che bisogna avere coraggio, che i sogni si sarebbero realizzati se non ci avesse rinunciato. Gli chiarisce che il suo sogno consiste nel trovare “l’onda perfetta”. Sarebbe stato il compimento delle sue aspirazioni. Il raggiungimento dell’ “onda perfetta”, l’immersione, la vita nell’ “onda perfetta” avrebbero rappresentato la sua vittoria, la sua maggiore realizzazione. E poteva ottenerla se non avesse ceduto alla paura di trovarsi lontano dai vecchi posti, di percorrere l’oceano sterminato, di esporsi a pericoli. Daniel lo farà e nel suo lungo viaggio oltre a correre rischi vivrà situazioni favorevoli, incontrerà pesci amici, che lo aiuteranno, lo guideranno, lo ammireranno per il suo coraggio, la sua impresa. Si concluderà questa quando il delfino raggiungerà il posto dell’ “onda perfetta”, cioè la laguna, la spiaggia dove si formava insieme a tante altre. A contatto con quelle onde, immergendosi in esse, stando in esse vedrà avverarsi le sue ambizioni, i suoi sogni. In questo piacere si troverà unito a due giovani surfisti che in quel posto compivano le loro acrobazie: il mare, le sue acque, le sue onde erano state motivo di incontro, di vita in comune, di vita felice per esseri diversi e lo sarebbero state per quanti altri ancora le avessero conosciute.
Anche ai vecchi compagni di branco dirà Daniel della sua scoperta, della possibilità di realizzare i sogni ed essi si sentiranno mossi a seguirlo, a partecipare della sua maniera di vivere. Una verità ampiamente accettata, condivisa diventerà, una regola valida per sempre, per tutti. E di questa si dice in una favola dove gli animali hanno un nome, parlano, dove definitive diventano certe acquisizioni.
Anche le altre opere del Bambarén sono impegnate a cogliere significati, stabilire principi, fissare valori legati alla sua passione per il mare, per gli oceani, al suo progetto di protezione della loro fauna. Bambarén partecipa attivamente al lavoro svolto da organizzazioni ecologiche. Scrive, quindi, dei problemi che vive, non c’è differenza tra l’uomo e lo scrittore, unico è il motivo che li muove. Un processo d’immedesimazione tra la vita e l’opera avviene, è il modo migliore per riuscire veri, autentici.
Antonio Stanca
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