Andrea Ricolfi, nell’opera come nella vita.
di Antonio Stanca –
È di quest’anno la pubblicazione, presso Garzanti nella Collana “Narratori Moderni”, del romanzo L’ultimo marinaio dello scrittore Andrea Ricolfi.
Nato a Torino, Ricolfi ha studiato Matematica tra Torino, Padova e Bordeaux. In Norvegia ha conseguito il dottorato di ricerca ed ora è titolare di un assegno di ricerca presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati. Vive a Trieste.
Il suo romanzo non sembra rientrare tra quelli che finora sono stati i suoi interessi. Per questo è stato una sorpresa ed anche perché è così ben riuscito da distinguersi nel contesto della narrativa contemporanea. L’ultimo marinaio ha tutti i caratteri del vero romanzo: è ben costruito, ben rappresentato, ben combinato, ben scritto. Nel suo genere è un prodotto tra i migliori e che sia venuto da uno studioso di matematica non può che suscitare meraviglia oltre che ammirazione. Nessuno manca di tutti quegli aspetti, dal sentimentale all’avventuroso, dal lirico al tragico, dal misterioso al drammatico, che concorrono a fare del romanzo uno dei generi letterari più ambiti dagli autori e più amati dai lettori. In verità la crisi, la confusione che gli ultimi tempi, i loro molteplici mezzi di comunicazione, tipi di espressione hanno comportato, ha investito anche il romanzo, gli ha fatto assumere modi, temi diversi dai suoi propri, lo ha costretto a modificarsi per poter continuare. In una situazione simile l’opera del Ricolfi assume anche la funzione di un richiamo se non ai vecchi tempi almeno ai principi, ai valori che sempre hanno caratterizzato la narrativa, ai riferimenti che sempre hanno guidato i suoi autori.
L’ultimo marinaio è la storia di due giovani, Matias e Tomas, che si sono incontrati anni fa sull’isola di Noss, una delle tante della costa atlantica della Norvegia. Ha appena trecento abitanti. Matias è più giovane di Tomas ed è giunto a Noss con la madre dopo la morte del padre. Prima è diventato amico di Jonas che ha perso entrambi i genitori e abita in una casa molto grande. In questa i due penseranno di istituire una scuola di vela, una scuola che insegni a navigare con le barche a vela, che, come ogni scuola, sia composta da maestri e allievi. Il progetto sarà avviato e procederà abbastanza bene: tra gli allievi ci saranno ragazzi, giovani, adulti provenienti dall’isola e da altrove, tra i maestri ci sarà Tomas che molto ha navigato, molto mondo costiero conosce, molta esperienza in mare ha accumulato. È quasi trentenne, è silenzioso, suscita ammirazione, incute rispetto. Diventerà il migliore amico di Matias, che tanto apprezzerà la sua maniera di pensare, di parlare, di fare, i suoi consigli, le sue verità.
Di Matias sarà, nel romanzo, la voce narrante, quella che dirà di tutto quanto lui ha saputo e saprà di quei posti e di altri vicini e lontani, di episodi leggendari, di azioni eroiche che in quei mari sono state compiute e incise per sempre sono rimaste nella memoria degli abitanti delle coste. Dirà pure, la voce di Matias, di come si vive tra quei pochi abitanti, di cosa si pensa, si fa anche nei rapporti col continente, delle sue intenzioni di preparare, formare, tramite la scuola di vela, dei veri marinai, degli abili navigatori perché pochissimi sono diventati di questi tempi e tanto utili possono risultare. E di molto altro dirà quella voce,di albe e di tramonti meravigliosi, del buio,della luna, delle stelle, delle luci della notte polare, di tempeste, bufere, montagne, vulcani, di arrivi e partenze, ritorni e addii, di un breve canto solitario che a Noss si sente all’improvviso, ogni tanto,di come la scuola svolge le sue lezioni in mare con le barche, dei rapporti che si creano tra maestri e allievi, della solidarietà, dell’entusiasmo che anima la situazione e che, tuttavia, non riesce a trattenere le piccole rivalità, i nascosti antagonismi. Molto movimento, molta azione ci sarà nell’opera, molto mare, molto sole, molto vento, molta neve,molto ghiaccio, molto esterno ma anche molto interno, molto pensiero, molto sentimento, molta paura, molta tenerezza, molta intimità, molto amore e tutto scorrerà con semplicità, con chiarezza quasi si trattasse di una vicenda vera, di una storia naturale e delle sue infinite manifestazioni.
Una storia di mare ha voluto raccontare Ricolfi, di onde, di barche ha voluto dire ma anche di persone, di anime. Elementi naturali ha messo insieme a queste ed una presenza animata ha fatto loro assumere, una parte, un aspetto li ha fatti diventare della vita del posto. Riuscito è lo scrittore a combinare le acque, le barche con le persone al punto da farle assomigliare quasi avessero la stessa anima, vivessero la stessa vita. E come nella vita succederà nell’opera, finirà questa quando i protagonisti di quella saranno invecchiati o morti, quando anche loro saranno finiti.
Non ci poteva essere modo migliore per concludere una composizione, una rappresentazione così curata, non si poteva farla finire se non insieme a chi l’aveva interpretata.
Antonio Stanca
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