di Antonio Zoretti

L’Associazione “Le Ali di Pandora” di Lecce in collaborazione con “Art and Ars Gallery” di Galatina e “Piscina Comunale. spaziodarteincopisteria” di Milano propongono la mostra Alice non sa… Peter , progetto a cura di Katia Olivieri. La mostra gode dei Patrocini: Regione Puglia: del Presidente della Giunta Regionale, Provincia di Lecce; Città di Lecce; Lecce Capitale della Cultura 2019; si articola liberamente fra generi e media in un insieme organico che trova la sua più degna realizzazione nello scenario di Palazzo Vernazza Castromediano a Lecce, dal 17 al 31 maggio 2014.

Stiano pure tranquilli i sognatori nel proferire le sensazioni incorporate nella visitazione di “Alice non lo sa… Peter sì”, mostra che si tiene a Palazzo Vernazza in Lecce.

Una mostra di grandi slanci, anche formali. Una poesia visiva, unita da alchimie che proiettano le opere fuori dallo spazio aderente, anche graficamente. Come un appello ad uscire dalla gabbia per indagare i “ragazzini” del mondo. Una lode alla fanciullezza, alla sua forza e avvenenza, per aspirare a veri e reali cambiamenti. Una autentica introspezione. Rivolta a chi vuol mantenere viva la curiosità e il senso della giovinezza.

Essa concettualizza e compendia grandi temi: il ripensamento dell’idea di Dio, il rapporto tra le ragioni umane e quelle misteriose della realtà, e ancora la realtà come disintegrazione, mancanza o altro. La raccolta si compone nel tempo, dalla nascita alla vita adulta, prendendo inizio anche da spunti intimi e personali: facendo riferimento ad esperienze compiute in una certa fase della propria vita. Comincia ad emergere ne In un fazzoletto l’idea di una lettura sapienziale, come anche il gusto per gli enigmi, in una sorta di gara tra gli autori e il pubblico. In queste piccole e personali stoffe appese, presenti le lettere iniziali vergate con colori diversi, troviamo un gusto spiccato per i messaggi “cifrati”.

Su per le stanze di Alice non lo sa… Peter sì il corpus dei lavori è composto da undici rappresentazioni: varie nelle forme e nelle espressioni grafiche riflettono la costituzione di un unico tessuto che si va componendo nel tempo e che rispecchia stati emotivi diversi degli autori. Gli artisti sembra che abbiano concepito le opere in momenti di massima trasformazione, sia personale che sociale, quando lo scontro era grave. Vedi il polacco Mirek Antoniewicz in Bambini, che fatica a collocarsi in società e preferisce restare a sognare. Come pure  Maurizio L’Altrella in Here I Am, inquieto nel manifestare le angosce visionarie, che nascondono allo sguardo i misteri della vita. O le buche di Paula Sunday in Trespass, dove si invocano le aspirazioni dei bambini, riprese da grandi. O ancora il simbolo fetale di Paola Zampa in 15.7.51, che unisce tutte le culture del mondo, così che ogni piacere contiene anche dolore. E  l’ambiguo suono di Carillon di Giuseppe Stellato, che rimanda a stanze buie occupate solo dalla paura di restar soli. Fino a Adriano Pasquali con Cara cognata, che si abbandona a un passato che non torna, che torna presente solo perché rimemorato nelle immagini. E a Renè Pascal nei Segni/Sogni, che ridesta momenti intimi dell’infanzia, solo sopiti e mai dimenticati. Laboratorio Saccardi in Prenatal ritorna al religioso, come fenomeno della modernità scientifica, una rivolta allo sradicamento provocato dalla globalizzazione; senza dubbio controcorrente. Gli ingranaggi di Michele Giangrande in Gears invitano a mantenere il meccanismo vitale e creativo in ognuno di noi. I vasi circolari di Emilio D’Elia in Unica sponda evocano ritorni, dai quali escono ricordi, echi di mondi vissuti e mai abbandonati. Infine, in Matilde de Feo i fiori le escono dappertutto, come a dimostrare l’affetto e la poesia per il mondo circostante.

Insomma, da questa breve nota introduttiva è chiaro il progetto della rassegna. Questi artisti hanno assunto un compito arduo, ma in sostanza riuscito. Ancor più significativo in quest’epoca grave. E possiamo di conseguenza considerare Alice non lo sa… Peter sì un’alta testimonianza, in tutti i suoi contorni: di radicale profondità e in una luce assai intensa. Poiché sanno vedere oltre senza rinunciare ad una identica lettura, a tolleranti allusioni, senza mai dimenticare la necessità di rivolgersi a tutti.

Una Mostra zelante con la grazia della favola, con umorismo e gioia. Di ambientazione moderna, è un coro di bambini/adulti ossessionati dall’infanzia, da un eco che richiama qualcosa, che precede i sogni. Nostalgia di cose che non ebbero mai un cominciamento, un ricordo del prenatale… nostalgia di qualcosa che non fu, non di qualcosa che fu. Luoghi dove, collettivamente ed individualmente, delirano le ragioni e le irragioni della condizione umana. Adolescenti che accompagnano e custodiscono il percorso; presenze creaturali tanto ingenue quanto vitali. Con questi ingredienti gli artisti mettono in moto e a nudo i ribollenti temi del dolore, della colpa, del mistero della vita e della morte. Tutto velato da una sana poesia: un controcanto scandito per recuperare la sostanza tragica e difficile dell’infanzia, della nascita, del mito originario… nella notte dei tempi.

Alice non lo sa… Peter sì  ci rivela, dunque, il volo spiccato dalla fantasia di ognuno. Non lasciatevi ingannare dal tono fiabesco dell’opera; dietro a quelle semplici, strane immagini è celata la loro profonda visione.

Un invito, dunque, a percorrerla e a frequentarla, come un mirabile momento atto per il pensamento e la riflessione. Buona visione.

Antonio Zoretti