Renata Fonte, un ricordo, un rimpianto
di Antonio Stanca – Nella serata di sabato 27 ottobre, a Sternatia (Lecce) presso il Centro Studi “Chora-Ma”, da anni diretto da Donato Indino e diventato un riferimento importante per il recupero e la rivalutazione del sostrato linguistico griko nell’area della Grecìa Salentina nonché per attività culturali di vario genere, si è svolto un incontro-dibattito in ricordo di Renata Fonte. Assessore repubblicano nel Comune di Nardò la Fonte è stata uccisa nel 1984 dopo aver partecipato ad una seduta del Consiglio Comunale. Allora e ancora adesso si parla del caso come del primo delitto politico compiuto nel Salento. Di esso non furono mai chiari i motivi e li si attribuì a quella salvaguardia dell’ambiente naturale della quale la Fonte era un’accanita sostenitrice e riguardo alla quale c’erano interessi contrastanti.
A Sternatia la seduta è iniziata con l’intervento del Presidente del Centro Studi che ha presentato gli ospiti tra i quali la figlia di Renata Fonte, prof.ssa Sabrina Matrangola, la giornalista Silvia Cazzato, il sindaco di Francavilla Fontana Antonello Denuzzo, il sindaco di Sternatia Massimo Manera e il parroco di Sternatia Don Vito Mangia.
Ha condotto il dibattito la Cazzato che è riuscita a tenerlo sempre animato grazie agli interventi da lei cercati presso gli ospiti. Molti sono stati gli argomenti emersi e tutti hanno incontrato il favore di un pubblico che era abbastanza numeroso.
La bellezza del paesaggio come elemento, aspetto anche culturale, come motivo d’incontro, di scambio tra le persone, i loro pensieri, i loro sentimenti è stato uno dei primi argomenti sui quali le opinioni si sono soffermate. Quindi si è passati a dire di quanto è importante difendere il paesaggio, di quanto vale l’azione di quelle persone che in tal senso è orientata e di quanto è valsa l’azione, l’opera della Fonte. Il suo ricordo dovrebbe assumere il valore, la funzione di un principio, di una regola, di una morale dal momento che un bene, quello che la natura elargisce agli uomini, ella ha difeso.
Sulla violenza, ormai diventata dilagante, molte sono state le opinioni espresse e poche le conclusioni alle quali si è giunti. Difficile è, infatti, essere convinti di cosa, di come fare di fronte ad un simile fenomeno. Anche le istituzioni esitano, non riescono a controllarlo e utile potrebbe essere far rientrare l’argomento tra gli altri che fanno parte della formazione dei più giovani, farne, cioè, un tema dello studio che oggi la scuola offre. Sensibilizzare, portare i ragazzi a distinguere il bene dal male, promuovere in loro la formazione di una coscienza capace di tanto senza cedimenti, senza confusioni, potrebbe far sperare in tempi migliori. Ma neanche in questo senso ci si è mostrati molto convinti specie da parte della figlia di Renata Fonte. La professoressa ha espresso i suoi dubbi, secondo lei simili argomenti, simili attenzioni non possono rientrare tra i programmi scolastici visto che la scuola d’oggi è oberata da tanti altri programmi e progetti.
Circa la sua famiglia la professoressa l’ha ricostruita nell’ambiente, nei modi che le erano propri e si è soffermata a chiarire il carattere della madre, le sue attenzioni, le sue cure in casa e fuori. Molto di quanto aveva si sentiva di doverlo a lei, in un ricordo perenne, in una memoria senza fine si sentiva chiamata a trasformarla. Più di tutti è stata la Matrangola a parlare, più di tutte sono state le sue parole ad incidere, più che altrove è stata in casa a farsi sentire la fine di Renata.
Antonio Stanca
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