“Orgoglio e ottimismo” ma per cosa?
di Marcello Buttazzo –
La premier Giorgia Meloni ha pubblicato, domenica 1 gennaio, via social un accorato messaggio di auguri rivolti agli italiani “per un 2023 di orgoglio e ottimismo”. Questa abusata storia della fierezza autoctona a tutti i costi ha il sapore d’un antico leitmotiv nazionalistico, ormai più obsoleto dei vecchi arnesi. Presidente Meloni, dobbiamo forse compiacerci che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano voglia rispolverare, fuori tempo massimo, un lessico rigorosamente autarchico? Di cosa dobbiamo essere precisamente ottimisti, presidente Meloni? Delle misure economiche filoleghiste del suo governo, che premia i più ricchi e i più spregiudicati? Dobbiamo essere felici dei rimaneggiamenti alla scuola pubblica, alla sanità? Di cosa dovremmo gioire? Del taglio al reddito di cittadinanza, che punisce e mortifica i più poveri? Dell’aumento di pochi ero alle pensioni minime, che a 600 euro rimangono drammaticamente da fame. Oppure, dobbiamo essere giulivi per l’assegno di invalidità di 300 euro a migliaia e migliaia di cittadini? Infine, forse, dobbiamo provare soddisfazione che la sua determinazione governativa non farà nulla a favore dei “nuovi diritti”? Si sa, non avremo mai con il vostro esecutivo delle destre leggi necessarie e praticabili sul suicidio assistito e sull’eutanasia. Siamo in tanti ad essere rassegnati, cara presidente Meloni. Non proviamo né orgoglio, né ottimismo. Abbiamo solo la certezza che il suo prodigioso governo non possieda né il piglio, né le capacità culturali per modificare in senso regressivo alcune normative eticamente sensibili, come la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Marcello Buttazzo
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