di Marcello Buttazzo –

Lo scrittore 37enne Jonathan Bazzi ha denunciato su Twitter di aver subito un rozzo episodio di omofobia. Bazzi passeggiava nel centro di Todi, dove si trova in vacanza, con il suo compagno Marius e un’amica di lui. L’appartenenza di genere di ciascuno di noi scandalizza solo gli spiriti pavidi, le inconcludenti persone con vuoti interiori irrisolti. Jonathan e Marius hanno incrociato, per strada, due uomini di 40-45 anni, che camminavano con un bambino di 7-8 anni. Un uomo ha irriso volgarmente con gesti ineccepibile i due compagni. E fatto gravissimo, l’energumeno ha inviato il fanciullo a partecipare allo squallido ludibrio. Ci chiediamo: questo “signore” che tipo di figura di riferimento sarà mai per suo figlio? Jonathan Bazzi, nel suo romanzo d’esordio “Febbre”, finalista del Premio Strega 2020, ha narrato le tappe primarie della sua vita, a cominciare dalla scoperta della sua sieropositività nel 2016. La sua denuncia è ineccepibile: “C’è un problema incombente nel nostro Paese: un certo tipo di insensibilità sta per diventare istituzionale. Per altro non ci stavamo baciando e non ci tenevamo nemmeno per mano. È che abbiamo un aspetto effeminato”. La questione è culturale e si connota di sfumature sostanziali istituzionali. Una società come questa, che dileggia due individui per qualsivoglia motivo, è una società putrida, moribonda. L’intervento fattivo da parte delle varie agenzie educative deve essere solerte, mirato, drastico. Non meno stupefacente è l’ignavia della classe politica italiana. Aver affossato vigliaccamente la legge contro l’omotransfobia, al cospetto di ripetuti casi di discriminazione, va a detrimento delle istituzioni italiane. Qualcuno dirà: ma l’omotrasfobia è una faccenda prettamente culturale! Non solo. La persuasione e la conoscenza sono fatti prioritari, è vero. Ma, nella fattispecie, occorrono anche misure punitive e securitarie, per ristabilire un equilibrio e un giusto contegno umano.

Marcello Buttazzo