La Terra è fuori dai gangheri
di Marcello Buttazzo – La Terra è ormai fuori dai gangheri, ha il fiato corto. Gli ecosistemi sono quotidianamente e pervicacemente insultati dagli inquinanti e dagli ossidi di vario tipo. In varie latitudini del mondo, i potenti politici si riuniscono, di tanto in tanto, nelle sterili e poco concludenti Conferenze Onu sui cambiamenti climatici. Saldare e coniugare economia e politica in una scienza virtuosa del possibile e del vivibile non è molto semplice. È complicatissimo. Quasi impossibile. A parole, i Capi di stato e di governo, in questi anni, hanno tentato di portare sollievo ad una terra afflitta, stanca, avvilita, avvelenata. Nella vulgata manifesta, l’obiettivo dei leaders mondiali è quello di contenere il surriscaldamento globale, che è una minaccia ormai effettiva per gli ecosistemi. È ovvio che nessuno di noi, in un’era corrosiva e altamente postindustriale, possa ambire ad una Natura vergine e incontaminata. Purtuttavia, è necessario pianificare e applicare politiche ambientali sostenibili ed adeguate. L’attuale potentissimo presidente d’America, Donald Trump, si sa, è uno sponsor arcigno e un amico fedele dei petrolieri, che lo hanno sensibilmente appoggiato ai tempi della vincente campagna elettorale. Il predecessore dello stamiliardario sfondato, cioè il democratico Obama, aveva le idee più limpide e cristalline. Lui aveva lanciato una coalizione sul clima composta da 20 Paesi (fra i quali l’Italia), che avrebbero dovuto impegnarsi a raddoppiare gli investimenti nella tecnologia verde. Ed è proprio così. Da tempo, si sarebbe dovuta recepire una ineludibile lezione ecologica: l’era dei combustibili fossili è ormai a termine. Per di più il petrolio, i gas, gli altri idrocarburi, hanno già inquinato ampiamente: eppure continuano avidamente a muovere gli interessi, ad alterare gli assestamenti geopolitici. La Terra, purtroppo, è ansimante, ha il passo malfermo. Scommettere sulle fonti rinnovabili e pulite avrebbe dovuto essere il primario scopo etico ed economico dei Grandi. Ad esempio, ci si chiede come mai ci sia tanta ritrosia ad aprirsi all’utilizzo su ampia scala dell’idrogeno, che è una sorgente pulitissima, un combustibile perenne, perpetuo. Eppure, intellettuali di rango, come Rifkin, da anni e anni, prospettano i benedici dell’avvento d’una economia ad idrogeno, come un’autentica rivoluzione liberale. Epperò, i periodici summit dei potenti non sono ancora serviti a decongestionare un pianeta sconfitto. Negli importanti vertici, da Kyoto in poi, sono stati sempre sottoscritti protocolli formali (a volte non vincolanti, ultimamente vincolanti), che sono quasi sempre rimasti lettera morta. Col risultato sconcertante che i Paesi più ricchi ed inquinanti (America e Cina in testa) hanno continuato a sporcare la Terra con più ostinazione. Non è prevalsa mai, in questi anni, una superiore etica della responsabilità, il rispetto per un ambiente malato, la tutela dei Paesi più a Sud del mondo, sempre più depredati e penalizzati dalle diseguali politiche economiche mondiali. La crisi ecologica è, per l’innanzi, uno smarrimento antropologico di chi non riesce ad inquadrare economia, politica, lotta contro la povertà, dignità umana, in un unico paradigma. Vorremmo davvero, come ripete da sempre Papa Francesco, che “l’economia e la politica si mettessero al servizio dei popoli”.
Marcello Buttazzo
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